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L’economia secondo Papa Francesco

Tre sono i temi più urgenti ed importanti trattati da Francesco nel suo discorso al parlamento europeo che ho avuto l’onore di commentare in diretta per radio. Il primo è fondamento degli altri, è quello del riduzionismo antropologico che ha inaridito le sorgenti di valore dell’Europa. Il secondo è quello del rischio che lo squilibrio di poteri tra aziende più grandi di stati, stati e società civile, pone alla democrazia. Il terzo è quello del destino dell’Europa.

Per noi dell’economia civile il riduzionismo antropologico assieme a quello di visione di impresa e di concezione del valore è il nocciolo del problema. Bisogna andare oltre capendo che siamo persone, nessi di relazioni e non monadi come spesso postulato dalla vecchia teoria economica riduzionista. Amo dire su twitter che l’homo economicus è un pesce che pretende di vivere fuori dall’acqua delle relazioni. L’homo economicus non solo è triste perché lontano dalla pienezza della sua natura ma è soprattutto socialmente dannoso perché la sua razionalità individuale è incapace di produrre inibisce la produzione di fiducia, meritevolezza di fiducia ed impedisce di conseguire l’equilibrio cooperativo e la sua superadditività. Noi dell’economia civile spieghiamo tutto questo dicendo che la vita sociale ed economica è essenzialmente dilemma sociale (che in teoria dei giochi ha varie rappresentazioni nel dilemma del prigioniero, nel gioco della fiducia, nel dilemma dei viaggiatori e nel weakest link). Ovvero è fatta di asimmetrie informative e incompletezza contrattuale, un contesto nel quale la strategia cooperativa è in grado di produrre benefici largamente superiori a quella dell’homo economicus.

Il papa spiega tutto questo sin dall’inizio quando vede la radice dei mali dell’Europa nella tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade”, sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. E afferma successivamente che oggi è quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noi-tutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale”.

Il secondo grande tema affrontato dal papa è quello dell’equilibrio dei poteri e della democrazia nella globalizzazione. Il problema numero uno dell’economia globale resta lo strapotere delle lobby finanziarie. E papa Francesco nel discorso al Parlamento europeo ha centrato il punto non andando troppo per il sottile quando ha detto che mantenere viva la realtà delle democrazie è una sfida di questo momento storico, evitando che la loro forza reale – forza politica espressiva dei popoli – sia rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali non universali, che le indeboliscano e le trasformino in sistemi uniformanti di potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti. Questa è una sfida che oggi la storia vi pone. Altro che mercato che si autoregola e virtù della concorrenza. Il sonno, la debolezza e la corruzione dei regolatori piegati dalla forza delle lobby ha prodotto un oligopolio di intermediari finanziari troppo grandi per fallire e troppo complessi per essere regolati.

E’ per questi motivi che con le cinquanta organizzazioni della campagna zerozerocinque, in rete con le moltissime organizzazioni della società civile che in Europa e nel mondo si battono per la riforma della finanza (penso al ruolo di Finance Watch, Oxfam e Christian Aid in primis) lavoriamo giorno per giorno perché tutto questo cambi. Abbiamo quattro grandi obiettivi che riteniamo decisivi per una svolta.

Il primo è quello della tassa sulle transazioni finanziarie. Il processo di cooperazione rafforzata ad 11 in Europa ci ricorda non solo che tasse del genere già esistono in moltissimi paesi (Regno Unito in primis) ma che, secondo stime della commissione, potrebbero portare nelle casse della UE tra i 30 e i 40miliardi di euro. Non sono pochi in un momento in cui la montagna del piano Juncker ha per ora prodotto il topolino di 21miliardi di risorse disponibili per gli investimenti in Europa. La tassa ha un valore strategico per modificare gli incentivi degli intermediari finanziari e riportare la finanza al servizio dell’economia reale. Le enormi risorse che la BCE cerca di indirizzare verso imprese e famiglie si perdono in banche massimizzatrici di profitto che preferiscono ad un’attività a basso rendimento e alto rischio come l’erogazione di credito quella apparentemente più redditizia del trading proprietario speculativo. E quando fanno pasticci distruggono in breve tempo la ricchezza accumulata nei secoli dalla comunità di un territorio. Bisogna assolutamente spezzare questo circolo vizioso e la tassa sulle transazioni finanziarie va nella direzione giusta perché, oltre a raccogliere risorse, aumenta il costo relativo del trading speculativo rispetto all’erogazione di credito.

La seconda proposta è la separazione tra banca commerciale e banca d’affari perché è indecente che l’attività speculativa di questi giganti sia sussidiata dai depositi bancari dei contribuenti e che, dopo le recenti modifiche introdotte nelle procedure di salvataggio bancario, gli stessi depositanti inconsapevoli di quello che la banca fa con i loro soldi siano chiamati a pagare in caso di fallimento.

Un terzo grande obiettivo è quello di modificare il sistema di pagamento di manager e trader che è troppo sbilanciato sul variabile ed è un’istigazione a dopare bilanci e valori azionari e a intraprendere strategie ad alto rischio che mettono a rischio la sopravvivenza delle organizzazioni. Se le cose vanno bene i profitti sono stellari e se vano male ci sono le scialuppe d’oro delle liquidazioni miliardarie, allora tanto vale buttarsi sull’azzardo.

Il quarto obiettivo fondamentale (pienamente condiviso dall’Ocse che ha lanciato il suo piano contro l’erosione di base fiscale a livello mondiale) è quello della giustizia fiscale in un mondo dove è sempre più facile spostare contabilmente i profitti in paradisi fiscali.

Non esiste alcun dubbio tra le istituzioni, gli esperti e gli addetti ai lavori “onesti” che la finanza sia oggi ipertrofica e disfunzionale e che sia un vero e proprio scandalo il modo in cui i soldi prodotti sono sprecati, distrutti e mal distribuiti.

La terza grande questione sullo sfondo è quella dell’Unione europea. Il papa non parla mai dell’euro ma a mio avviso fissa le grandi linee per un processo di armonica integrazione tra i paesi europei. E lo fa nel momento stesso in cui affronta il tema del riduzionismo antropologico, una patologia che inaridisce le sorgenti ideali del processo d’integrazione tra i popoli europei.

Tra gli stati come tra le persone le comunità nascono sulla base della fiducia e della meritevolezza di fiducia sulle quali si possono innestare poi scambi di affetti più profondi che inducono a doni e gratuità. Per costruire la fiducia bisogna guardare con verità e sincerità al passato e riconoscere che la situazione difficile in cui ci troviamo dipende da errori fatti da tutti. L’Italia in primis, come dimostra ancora una volta la triste vicenda di MafiaCapitale è indietro rispetto ai migliori benchmark europei come sistema paese su molti punti (istruzione, accesso alla rete, efficienza giustizia, burocrazia, lotta alla corruzione). La Germania e la Bce ci hanno messo del loro con un’incredibile collezione di errori macroeconomici dopo la crisi finanziaria globale (teorie del rigore espansive, nel terrore di un’inflazione che non c’è, che ci hanno spinto in deflazione, surplus commerciali fuori linea per i tedeschi). Si tratta, dobbiamo ammetterlo, di errori interessati perché dal punto di vista tedesco l’espansione fiscale e monetaria non era poi così importante vista la piena occupazione e la situazione debole ma non in recessione dell’economia. Oggi bisogna voltare pagina e Renzi e la Merkel devono rendersi conto di essere sulla stessa barca. Devono confutare nei fatti la tesi degli euroscettici che pongono con chiarezza il punto che con l’euro non è possibile tornare in equilibrio. Se non ci riescono nulla potrà salvare la loro leadership.

Problemi tecnici non esistono, esistono solo quelli politici. Nell’appello dei 350 abbiamo proposto sei vie tecniche per risolvere il problema (QE, politiche fiscali espansive, armonizzazione fiscale, ristrutturazione del debito secondo il piano PADRE).

La differenza tra Ue e Stati Uniti è, come dico spesso, che i cittadini dello stato di New York si fidano di quelli dell’Arkansas e mettono assieme le loro risorse mentre questo non accade tra tedeschi, spagnoli, italiani e greci. Mai come ora però la storia ci mette con le spalle al muro e non ci concede mezze misure. Come quando lei mette alle strette lui dopo anni di fidanzamento o di convivenza chiedendogli di sposarlo o minacciando di lasciarlo (e lui nonostante la sua “pigrizia” nel prendere decisioni capisce che andare indietro sarebbe più doloroso). Per non andare indietro bisogna per forza andare avanti.

I muri di Berlino costruiti dai nostri errori sembrano indistruttibili ma il lavoro di erosione fatto giorno per giorno da tutti noi può farli crollare all’improvviso in un solo istante. E spesso nella storia (per il muro di Berlino come per il rapporto tra Usa e Cuba) è proprio la spinta di un’autorità morale come quella del papa a dare il colpo decisivo. Non stanchiamoci di lavorare con passione ed entusiasmo nel fare la nostra parte e rendere obiettivi così ambiziosi possibili.

Leonardo Becchetti
Docente di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata



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