L’industria del lusso europea continuerà a crescere, ma a un passo più moderato, lontano da quello registrato negli ultimi dieci anni. E dovrà fronteggiare una crescente competizione, nonché un progressivo consolidamento che polarizzerà il settore tra big e piccoli marchi. È la tesi contenuta nel report ‘Europe’s Luxury Goods Industry Will Likely Cope Well With Ongoing Shifts In Global Demand’ presentato a dicembre da Standard & Poor’s.
La crescita sarà “mid-single-digit” (cioè attorno ai 5%), ha spiegato l’analista di S&P Barbara Castellano. “La stagnazione in Europa e il rallentamento in Cina – ha aggiunto – hanno spinto le aziende di beni di lusso a focalizzarsi sulle produzioni di eccellenza e sulla competitività della rete distributiva”.
In questo scenario, il progressivo consolidamento potrebbe non coinvolgere i ‘gioielli di famiglia’ del made in Italy. “Il track record – ha ripreso l’analista – di diverse aziende indipendenti, come Prada, Ferragamo, Armani, Dolce & Gabbana, Max Mara, Trussardi, Tod’s e Zegna, giusto per nominarne alcuni, dimostra che società ben gestite che producono l’eccellenza sono ben posizionate per continuare a crescere”.
I brand di lusso europei, secondo i dati presentati recentemente al Parlamento Europeo dalla European Cultural and Creative Industries Alliance (Eccia), che rappresenta 400 imprese dell’alto di gamma, valevano, a fine 2013, consumi globali per 547 miliardi di euro, il 69% della spesa complessiva. E avevano registrato, rispetto ai tre anni precedenti (cioè al 2010), una crescita del 28 per cento. Le auto europee d’alta gamma contribuiscono con 268 miliardi. Abiti, scarpe e accessori valgono circa 158 miliardi, 42 gli alberghi di lusso, 36 vini e liquori, 24 il cibo, 17 i mobili di design e 3 miliardi gli yacht.