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Charlie Hebdo, ecco cosa si dice a Milano nella comunità musulmana

Ce lo si poteva aspettare che, dopo l’attentato terroristico alla sede parigina del periodico satirico Charlie Hebdo, in cui dodici persone sono morte sotto i colpi dei kalashnikov imbracciati da due giovani fratelli di origine algerina, Said e Cherif Kouachi, l’attenzione per la reazione da parte delle comunità musulmane in tutta Europa, sarebbe stata altissima. Ed è per questo motivo, per soddisfare la curiosità dei cittadini italiani, che l’esterno del PalaSharp di Milano, che ospita la preghiera del venerdì della comunità che fino a pochi anni fa era solita riunirsi sui marciapiedi di viale Jenner, è stata presa d’assalto da giornalisti, blogger e reporter.

«QUESTO NON È ISLAM».

Alle 12:30 di venerdì 9 gennaio fuori dai cancelli della struttura, un tempo nota con il nome di PalaTrussardi, ci sono già una decina di inviati e anche le televisioni. Le domande che i fedeli accorsi per la preghiera comunitaria, la Jumu’a appena dopo il sermone dell’Imam, si sentono rivolgere sono: “Cosa dite dell’attentato di Parigi?”, “Sapete che cosa è successo, vero?”, “Credete che l’Imam oggi ne parlerà?”. La maggioranza dei presenti ne è al corrente, mentre non tutti sanno quanto è alto il bilancio delle vittime. Il primo a rispondere è il direttore del centro islamico di viale Jenner Abdel Hamid Shaari, accorso sul posto, che a Formiche.net dichiara: “Questo non è Islam, ma un atto terroristico, perché non si può ammazzare qualcuno per delle vignette… la nostra condanna di quanto è accaduto è piena e categorica”.

«È UN MONDO CATTIVO».

“Non è Islam puro”, ribadisce un uomo di quasi sessant’anni che ciondolando con il bastone procede verso il tendone. “Sono musulmani con la bocca ma non con il cuore. Se fossero musulmani veri”, aggiunge, “non l’avrebbero mai fatto, ma sono nati in Francia e il mondo oggi è cattivo… mentre, quando sono arrivato io in Italia, sono stato accolto da tutti”. Quasi a lasciar intendere che oggi per un giovane è più difficile integrarsi e al contempo facile cedere alle sirene del terrorismo di matrice fondamentalista, come probabilmente è successo ai fratelli Kouachi. Un suo connazionale, sulla trentina, rincara la dose: “Sono malati, fuori di testa; questo non è Islam”. E aggiunge: “Forse hanno studiato male, perché nel Corano non c’è scritto che si può uccidere. Se così fosse, farei di tutto per cambiarlo”.

NON OFFENDERE IL PROFETA

Più schivo un egiziano di quarant’anni: “Hanno fatto uno sbaglio, ma non conosco bene quella cosa…”. Mentre due amici sulla cinquantina, probabilmente padri di famiglia, accettano di fermarsi per qualche minuto: “Un musulmano non può uccidere un altro musulmano”, dice uno dei due riferendosi al poliziotto di fede islamica che a Parigi ha perso la vita sul marciapiede per un colpo di pistola alla testa. “Non è giusto”, prosegue, “leggete il Corano e vedrete che c’è scritto che non si può uccidere”. Anche se poi, con una punta d’insofferenza, aggiunge: “Quello che i giornali non dicono è che non si può offendere i profeti e Allah”. Per tutte le vignette contro il Papa, non è mai successo niente, però… “Che c’entra, il Papa non è un profeta; offendere Allah o Gesù, che per noi è un profeta, è come subire una pugnalata al cuore. Non è nemmeno la prima volta che succede”.

LA RABBIA DEI FEDELI

“C’è rabbia” per quello che è successo, aggiunge un altro fedele, ma “voi dovreste parlare contro chi tocca il nostro profeta”. Perché, “il primo problema”, spiega, “è all’inizio di tutta questa vicenda ed è l’insulto contro i musulmani”. E all’insulto, spiega, “c’è chi reagisce in maniera composta, chi protesta e chi, invece, risponde con le pallottole”. “Certo, non è giusto abbassarsi a questo livello, anche l’Imam l’ha detto, e nel corano c’è scritto che non bisogna uccidere”. E aggiunge: “Vorrei vedere cosa farebbero quei due se avessero ucciso dei loro parenti, bisognerebbe metterli sulla sedia elettrica”. Un altro si inserisce: “Quello che è successo non è bello: un casino così rovina tutto”.

UN COLPO ALL’ISLAM

Un giovane studente universitario, uscendo dopo la preghiera, interviene: “Uccidere è sbagliato e quello che hanno fatto è un colpo sparato anche all’Islam, a tutti i musulmani”. Ma aggiunge: “Offendere il Profeta con delle vignette non è né libertà né democrazia, io non avrei ucciso, ma avrei fatto ricorso alla Suprema Corte”, alla giustizia.


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