fonte: oltremedianews.it
Tra molti ritardi amministrativi e con notevoli confusioni organizzative, questa settimana i cittadini italiani dovrebbero avere tra le mani il nuovo modello per la dichiarazione dei redditi. Il decreto sull’ISEE, che riforma a distanza di quasi vent’anni le regole contributive, uscito a luglio scorso ed entrato in vigore a dicembre, inizierà dunque a produrre i suoi effetti.
Probabilmente più di qualcuno, mi rivolgo a quei pochi che si son presi la briga di leggere oltre la quarta riga senza essere colti dall’indolenza, avrà avuto il piacere di vedere lo spot del ministero del lavoro sul nuovo ISEE, definito in modo sornione e candidamente ottimistico “semplicemente più giusto”. Osserviamo perché, con buona pace dell’accattivante grafica della pubblicità progresso, le cose non stanno così.
Lasciando ai lettori meno annoiati il non banale compito di informarsi sui ritardi e le incertezze nella presentazione dei moduli a causa di una diatriba tra Inps e Caf, veniamo alla polpa del provvedimento il quale, come ormai pare sia d’abitudine col governo Renzi, lascia i più imperturbabili di noi quantomeno scossi e conduce chi ha i nervi meno saldi ad affibbiare in modo scomposto etichette sgradevoli e poco lusinghiere all’intero arco parlamentare.
Secondo il Sole 24 Ore, i patrimoni del 2015, a parità di condizioni oggettive con il 2014, risulteranno più cospicui dall’ 8% fino al 30% in base a parametri come il valore della propria casa, l’eventuale mutuo ad esso connessa, lo stipendio, il numero di figli e di anziani a carico. La cosa più rilevante – uso un aggettivo volutamente neutrale per non influenzare la vostra reazione – riguarda i nuclei familiari composti da un genitore divorziato e un figlio. Il reddito complessivo di costoro, infatti, sarà ponderato anche con il reddito dell’altro coniuge con il balzano risultato che se il papi ha due ferrari e la mamma solo il cuore del figlio (o viceversa), per l’Inps entrambi mangeranno, per dirla con la celebre metafora di Trilussa, se non proprio un pollo a testa almeno mezzo per uno.
Risultato ancora più considerevole è quello che investe – nel senso stradale del termine – gli studenti vincitori della borsa di studio. Sino al 2014 essa, come d’altronde dovrebbe essere scontato che sia, non veniva conteggiata nel reddito familiare, mentre quest’anno anche i quattro soldi della borsa di studio faranno reddito. E le conseguenze sono tutt’altro che ilari. Supponiamo che io nel 2014 abbia vinto una borsa di studio: ipotizzando per semplicità che il mio stipendio non cambi, che la mia casa non si svaluti e che non mi rubino il motorino, il reddito del 2015 sarà pari a quello del 2014 più la borsa di studio incriminata. Se le regioni, come di fatto sta accadendo ovunque, non modificano le soglie minime per accedere a molti istituti sociali (sanità, scuola, università ecc.), potrei vedermi rifiutata la richiesta di borsa di studio in funzione della maggiorazione del mio reddito derivante dal compenso che, solo un anno prima, mi era stato riconosciuto in funzione della mia situazione patrimoniale. Oltre la beffa, c’è anche un danno. Se il mio reddito, pur invariato nella sostanza, risulta più paffuto per il fisco, allora rischio persino di finire nello scaglione di aliquota superiore a quello che mi compete. Nel 2016 accadrà l’esatto contrario. Dunque il mio patrimonio, che comunque non supererà mai il risibile, si gonfierà e si sgonfierà ad anni alterni facendomi apparire più o meno povero a seconda della costellazione dominante.
La conclusione più ovvia del ragionamento, chissà pure che non sia la ratio ultima del provvedimento, è quindi la seguente: laureatevi sì, ma laureatevi bene. E se consideriamo che il 2014 è la base su cui agiranno le modifiche, allora non resta altro da dire che gli anni dispari portano sfiga.
PS. La riforma dell’ISEE nasce con il condivisibile e sacrosanto proposito di controllare meglio il reddito di chi chiede servizi agevolati, ma ancora una volta si presta molta attenzione a rimuovere meticolosamente le briciole dalla tavola senza badare al copioso fiotto di olio fritto che sta allagando la tavolata.