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Perché Renzi è un po’ naive (come Blair)

“Come Blair anche Renzi ha un modo un po’ naive di intendere l’economia. Anzi… più che naive direi un modo acritico di leggere le dinamiche che sottendono la globalizzazione”. Così Patrick Le Galès, ordinario di Sciences Po a Parigi, descrive a Formiche.net il primo ministro italiano. Salvo aggiungere, poi, che, a differenza del suo pari grado che ha fatto la fortuna del laburismo inglese, “non ha la sua stessa preoccupazione” per valutare i risultati delle politiche che il suo governo sperimenta.

QUATTRO PUNTI IN COMUNE TRA BLAIR E RENZI

Le Galès, che in questi giorni è in Italia per presentare alla Casa della Cultura a Milano il suo ultimo libro “L’esperienza del New Labour. Un’analisi critica”, scritto per Franco Angeli editore, vede quattro punti che accomunano il premier italiano Matteo Renzi all’ex primo ministro britannico Tony Blair. Eccoli, in sintesi:

1. Come Blair, anche Renzi si è appoggiato al suo “partito di appartenenza per fare proposte spesso in una direzione diversa” da quella che ci si potrebbe aspettare dal leader del Pd. Per esempio, la “lotta” che Renzi ha condotto con “tutti i gruppi della sinistra, assomiglia molto a ciò che è successo in Inghilterra a metà anni ’90 quando le due anime della sinistra sono entrate in conflitto tra loro”.

2. Sia Renzi che Blair “credono in un governo molto attivo, la loro non appare come la classica sinistra statalista”. E ciò “ha stabilizzato alcuni gruppi in particolare, come i sindacati”. In Italia la Cgil in particolare.

3. Renzi, forse ancor più di Blair, “crede nell’importanza della comunicazione e nel fatto di dover parlare alle persone attraverso i media come chiave per governare e non solo per vincere le elezioni”. Ciò significa, secondo La Galès, che anche Renzi pensa “che le leggi sono sicuramente importanti, pure le tasse lo sono, ma ciò che conta più di tutto è convincere le persone”. Perché “se vinci i dibattiti, allora puoi forzare il cambiamento”.

4. “Renzi, come Blair, crede nei valori del ceto medio, ma ha un modo di intendere l’economia un po’ naive… anzi, direi, piuttosto, acritico nel comprendere il capitalismo globalizzato”. Perché, precisa le Galès, “entrambi studiano come i cambiamenti possono essere loro utili per modernizzare il Paese (si prenda per esempio la riforma del lavoro), ma non colgono che queste dinamiche globali possono anche minare i presupposti della democrazia”.

E UNA DIFFERENZA

Secondo Le Galès, però, ci sono anche delle differenze tra Blair e Renzi, ma soprattutto tra l’Italia e la Gran Bretagna. La più evidente è che, “mentre noi britannici siamo ossessionati dagli indicatori di performance per valutare le politiche, tanto che ne abbiamo fatto quasi una seconda gigantesca burocrazia, di tutto ciò non si vedono segnali in Italia”. E non è detto che sia un male, perché oltre Manica “per introdurre logiche di mercato nell’economia e abbattere la burocrazia, se n’è creata una parallela”.

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