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Pier Francesco Pingitore al Quirinale

Quasi tutti quelli che si sono laureati nella mia stessa sessione di Laurea oggi vivono e lavorano all’estero. In Svizzera, Francia e Germania. Alcuni di loro sono soliti interpellarmi, in concomitanza con i passaggi più importanti, riguardo i singhiozzi della politica nostrana. Così é stato. Questi ex italiani, cervelli che se ne strafregano degli incentivi con cui il Governo prova a indurli a tornare, mi chiedono chi sarà mai il nuovo inquilino del Quirinale. Ho provato a fargli capire quanto la questione fosse complicata e quanto fosse fuori luogo la loro ilarità nei confronti dei nomi che circolano sui principali quotidiani.
Il peggiore Parlamento di sempre, il punto zero da quanto c’é la Repubblica dove, oltre ai peones, agli elefanti ai gorilla e agli scimpanzé non manca proprio nessuno, si trova a dover decidere del Capo dello Stato dopo decenni in cui la classe dirigente non ha saputo selezionare uomini di Stato attorcigliati, seppur tra mille contraddizioni, dentro alle Istituzioni. L’impasse è nei fatti. Non a caso, a leggere gli epiteli più fini, scopriamo che uno come Buttafuoco se ne esce dicendo che l’unico che potrebbe fare il Capo dello Stato é Matteo Renzi, mentre Fulvio Abbate, per non sapere né leggere né scrivere, si auto candida . Ecco.
Mentre ero al telefono e rispondevo a questi ex italiani che se la ridevano, mi è venuto in mente un candidato ideale per il Colle: Pier Francesco Pingitore. L’ho conosciuto a Campo Imperatore, luogo non banale, e mi è sembrata persona assai pacata e di assoluta assennatezza. Non so se farebbe ombra al Premier, ma avrebbe certamente l’esperienza per fare da regista al più indisciplinato dei Parlamenti. Lui sì che saprebbe come imbrigliare nei meccanismi della commedia il circo della politica nostrana. È un intellettuale, forte di libri e cultura, e conosce i tempi della scena. Sì, sono convinto. Solo chi ha i modi e i tempi del grottesco può esorcizzare con la sua serietà il pittoresco di chi dovrebbe avere tutta la gravitas dello scranno su cui siede e che invece tradisce il suo mandato in una mala figura dopo l’altra.

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