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Quinto: non uccidere. Domani a Parigi la Marcia per la Vita

Passata l’ondata di emotività, non sono mancati i commenti che hanno sottolineato come non è stato tutt’oro quel che ha luccicato nell’oceanica manifestazione di Parigi all’indomani del massacro nella redazione di Charlie Hebdo. Detto altrimenti: c’era un che di stonato in quella manifestazione (motivo per cui il sottoscritto non ha aderito allo slogan “Je suis Charlie”), dato dal fatto che in Francia la tanto decantata libertà di espressione non vale sempre e non vale per tutti. Lo ha rimarcato con parole nette l’Osservatorio internazionale Cardinale van Thuân, che proprio commentando i fatti di Parigi ha sottolineato come “la libertà di espressione e di parola viene impedita ormai anche nei confronti di chi difende in pubblico la famiglia tra uomo e donna ed esprime la propria convinzione che non sia giusto il riconoscimento delle coppie omosessuali o permettere loro la filiazione tramite la fecondazione eterologa. Su questo le stesse leggi francesi sono limitative della libertà di espressione. Ne sanno qualcosa i tanti che ne hanno giù subito le pesanti conseguenze. La società francese che oggi, giustamente, difende la libertà di espressione, deve fare però fino in fondo i conti con il suo concetto di libertà. C’è intolleranza in molti aspetti di quella cultura che ora manifesta per la difesa della libertà”. E forse non è un caso se a poca distanza di tempo dalla strage di Charlie Hebdo, domani si svolgerà a Parigi, dopo quella di Washington di giovedì scorso, la Marcia per la Vita, un appuntamento che inevitabilmente sarà un banco di prova importante per capire se davvero la Francia crede nella libertà. Tanto più che la manifestazione partirà dal luogo simbolo per eccellenza della libertè, quella piazza della Bastiglia da cui iniziò la Rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre la storia. Papa Francesco anche quest’anno non ha mancato di far arrivare il suo sostegno tramite un messaggio a mons. Luigi Ventura, nunzio apostolico in Francia, dove ha esortato ad “operare senza sosta per l’edificazione della civiltà dell’amore e di una cultura della vita”. E ricordando che “la vita umana è sempre sacra, valida ed inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata”. Staremo a vedere come Parigi accoglierà la Marcia. Se si guarda alla storia, anche recente, qualche motivo per nutrire un certo scetticismo non manca. Che se c’è un aspetto per cui la Francia di questi ultimi anni non ha brillato, è la spinta in senso laicista impressa alla società. Anzi, a dirla tutta l’impressione è che il cattolicesimo, inteso non solo come religione ma più in generale come costume, modi di vita e consuetudini, sia diventato il nemico pubblico numero uno da abbattere o, quanto meno, da mettere in condizioni di non nuocere. Non si spiega altrimenti, tanto per fare qualche esempio, la volontà di educare, ma sarebbe meglio dire ri-educare, le nuove generazioni all’insegna di quel mix di omosessualismo e femminismo 3.0 che va sotto il nome di ideologia di gender, secondo cui l’identità sessuale degli individui non sarebbe un dato di natura ma un fatto culturale, e perciò stesso frutto della libera determinazione del singolo (chissà perché però gli esseri umani si ostinano a nascere chi con il pene chi con la vagina). Per non parlare del programma nazionale reso noto di recente dal Ministro della Salute Touraine, per rendere ancora più agevole il ricorso all’aborto. E che dire del progetto di legge, la cui discussione dopo il dibattito senza voto svoltasi all’Assemblea nazionale mercoledì scorso è prevista per marzo, con cui la maggioranza socialista punta ad introdurre il diritto alla “sedazione profonda e continua fino alla morte” per i pazienti terminali, e che svariate associazioni di professionisti che operano nella sanità hanno già denunciato come una forma di “eutanasia mascherata”? Per questi e altri motivi, è innegabile come la Marcia per la Vita di domani cada in un momento molto delicato e difficile nella vita dell’ex “figlia primogenita della Chiesa”, in un momento dove nel giro di pochi mesi potrebbero essere prese decisioni con conseguenze devastanti per milioni di persone, soprattutto le più deboli e indifese. Mai come oggi la Francia, e non solo, farebbe bene a riflettere seriamente su quanto ebbe a dire Bendetto XVI nel suo memorabile discorso al Reichstag di Berlino del 22 settembre 2011: “…la visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente rinunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corrisponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza. Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista dell’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura comune e come fondamento comune per la formazione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali. La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.” Tornare a spalancare le finestre: anche per far entrare un po’ di aria fresca e spazzare via questa cappa mortifera che ci circonda.


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