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Greta e Vanessa, così la stampa italiana ed estera analizza il caso

“Siamo in grande pericolo e possiamo essere uccise”. Sono vive ma c’è apprensione per le sorti di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie italiane rapite in Siria il 31 luglio scorso, e di cui non si aveva più notizia da cinque mesi fino alla pubblicazione, il 31 dicembre, di un video di 23 secondi su Youtube.

“RIPORTATECI A CASA”

Chador nero, occhi bassi e con un filo di voce, le due giovani ragazze lanciano un appello disperato al governo e alle autorità italiane: «Siamo Greta Ramelli e Vanessa Marzullo», dice in inglese Greta, mentre Vanessa sorregge un foglio di carta riportante la scritta «17-12-14 Wednesday». «Supplichiamo il nostro governo e i loro mediatori di riportarci a casa prima di Natale – prosegue con tono provato la cooperante italiana -. Il nostro governo ed i mediatori sono responsabili delle nostre vite».

Immagini, che per il quotidiano francese l’Express, appaiono «fortemente contrastanti» rispetto a quelle diffuse precedentemente dai rapitori, in cui le ragazze comparivano davanti alla bandiera dell’associazione umanitaria “Horryaty”, da loro fondata con la collaborazione di Roberto Andervill, socio Ipsia (Istituto pace sviluppo innovazione Acli).

I RAPITORI

Dietro il rapimento non ci sarebbe la mano dell’Isis, come si era lungamente temuto. Alcuni pensano che le due volontarie sarebbero ostaggio del fronte Jubath al-Nusra, un gruppo di rivoltosi armati affiliato ad al-Qaida, formatosi e qualificato dagli Stati Uniti come “terrorista” nel 2012, attivo in Siria e in Libano. A supportare l’ipotesi sarebbero le dichiarazioni di Rami Abdel Rahman, un rappresentante dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base in Gran Bretagna che rappresenta una delle fonti principali di quanto succede nel Paese devastato dalla guerra civile e, soprattutto, quelle di un esponente dell’organizzazione terroristica che ai microfoni dei media tedeschi avrebbe detto: «È vero, abbiamo le due donne italiane perché il loro Paese sostiene i raid in Siria contro di noi».

Per molti, però, questa rivendicazione sarebbe «non attendibile». Secondo le indicazioni fornite dai mediatori le ragazze dovrebbero essere, infatti, nelle mani del Free Syrian Army, principale gruppo di opposizione armato operativo in Siria, attivo durante la guerra civile siriana e composto da ex personale e volontari delle forze armate siriane. Ma non si esclude che altri gruppi stiano tentando di inserirsi nel negoziato, soprattutto considerando che nelle scorse settimane molti truffatori pare si siano proposti come intermediari.

LE IPOTESI DEGLI ANALISTI

Gli analisti escludono l’ipotesi di fotomontaggio e ritengono che la clip sia «attendibile» ma sollevano dei dubbi sull’attendibilità della data. È molto più probabile, infatti, che il filmato sia stato girato prima o dopo il 17 dicembre e che l’indicazione del giorno scritto a penna e a caratteri cubitali su quel pezzo di carta sia un segnale convenuto con chi sta negoziando.

Secondo quanto riporta La Repubblica, in un articolo firmato da Carlo Bonini, «il video risalirebbe alla fine di novembre e la data del 17 dicembre sarebbe dovuta essere nelle intenzioni dei sequestratori quella scelta per la pubblicazione delle immagini su YouTube. Così non è stato, perché il filmato avrebbe conosciuto un percorso tortuoso, prima di approdare in rete». Questo testimonierebbe una gestione “collettiva” del sequestro in ragione della quale, in questo momento, «ciascuna delle fazioni coinvolte nella prigionia e che rivendica un “diritto di parola” sulla sorte delle due ragazze, ritiene di dover far valere e pesare le proprie decisioni», aggiunge Bonini. Una circostanza che rende la “trattativa” particolarmente laboriosa e – scrive Repubblica – «la espone ai tentativi di chi, pur non avendo in mano le due cooperanti, ne rivendica il controllo pur di poter entrare a sua volta nel gioco e incassarne i dividendi».

Per il Corriere della Sera il video è la prova che le due ragazze «sono vive, stanno bene e non sono nelle mani dell’Isis. Ma è anche lo strumento che serve a fare pressione, a lanciare un segnale chiaro sulla necessità di portare a termine al più presto la trattativa», scrive Fiorenza Sarzanini del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli. Un avvertimento per dire che il prezzo del riscatto potrebbe alzarsi o addirittura che le due ragazze «potrebbero essere “vendute” a un migliore offerente. Ecco perché, – si spiega – dopo la comparsa su YouTube del video che mostra Vanessa Marzullo e Greta Ramelli avvolte nel chador nero mentre lanciano una supplica al governo italiano, gli apparati di intelligence e la Farnesina hanno chiesto “massimo riserbo, siamo in una fase delicatissima”».

CHE COSA SI DICE SULLA STAMPA ESTERA

«Siamo sorpresi della decisione dei rapitori di pubblicare il video adesso», ha spiegato uno degli alti membri del corpo diplomatico italiano al quotidiano statunitense The Daily Beast. «Ciò che possiamo desumere è che si tratta certamente di un modo per metterci pressione e la diffusione del filmato può essere connessa alla necessità, da parte dei rapitori, di mostrare i propri “trofei” per ragioni di politica interna jihadista».

Mentre il Telegraph sottolinea come in Italia si stiano sollevando polemiche e critiche nei confronti dei genitori delle due ragazze, per avergli permesso senza remore di partire alla volta della Siria a soli 20 anni, gli 007 dell’Aise e i carabinieri del Ros stanno effettuando ulteriori analisi del video alla ricerca di dettagli utili per portarle in salvo e fermare il gioco a rialzo dei rapitori.

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