Non ci sono riusciti i governi di Mario Monti ed Enrico Letta. Non hanno avuto il tempo – e la volontà politica – di sbrogliare definitivamente questa complicata matassa. Se davvero, come più volte ribadito, Matteo Renzi ha l’ambizione di portare il suo esecutivo fino al 2018, allora non potrà più rinviare la questione spiagge. Sulle concessioni demaniali marittime, che riguardano circa 30mila imprese balneari, pende infatti da anni la direttiva europea Bolkestein che impone agli Stati membri la liberalizzazione delle loro assegnazioni. In poche parole, Bruxelles da tempo ordina (invano) a Roma di cancellare il rinnovo automatico delle concessioni balneari, in quanto si tratta di un bene di proprietà dello Stato la cui gestione – secondo l’Ue – va stabilita con una procedura ad evidenza pubblica.
LO STATO DELL’ARTE
Lo spauracchio delle spiagge messe all’asta aleggia da tempo su cabine e ombrelloni. Il tema è tornato alla ribalta anche poco prima di Natale, quando un imprenditore balneare triestino, Marcello Di Finizio, è salito per la quinta volta sulla Cupola di San Pietro a Roma per protestare contro la Bolkestein. Attualmente, la scadenza delle concessioni balneari è fissata al 31 dicembre 2020, dopo la proroga di 5 anni ottenuta con un emendamento al decreto Sviluppo bis del governo Monti approvato nel dicembre 2012 su proposta bipartisan dei senatori di Pd e Pdl, Filippo Bubbico e Simona Vicari, oggi rispettivamente viceministro degli Interni e sottosegretario allo Sviluppo economico. La categoria balneare, che nel frattempo è riuscita a trovare una posizione unitaria tra le varie rappresentanze sindacali, è convinta però che serva ulteriore tempo agli imprenditori per ammortizzare gli investimenti fatti quando le concessioni venivano rinnovate automaticamente; da qui la richiesta di prorogare nuovamente la scadenza di altri 30 anni. L’esecutivo Renzi però non ne vuole sapere, come ha fatto capire il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, in un suo intervento davanti ai bagnini di Cesenatico. Stando alle indiscrezioni, il governo sarebbe disposto a concedere dai 2 agli 8 anni di proroga, non di più. E a mettere subito all’asta le spiagge libere.
LA PATATA BOLLENNTE IN MANO ALLA BARRACCIU
Toccherà a Francesca Barracciu trovare un punto di sintesi. La sottosegretaria a Cultura e Turismo, in quota Pd e defenestrata dalla candidatura a presidente della Regione Sardegna per l’accusa di peculato nel processo sull’uso dei fondi del consiglio regionale, martedì prossimo 13 gennaio incontrerà infatti le agguerrite associazioni dei balneari, mentre sono pronti scendere a Roma anche diversi imprenditori decisi a protestare davanti al Ministero. Se in un primo momento la renziana sarda non è parsa adeguatamente preparata sull’argomento, nei mesi ha approfondito la questione insieme ai tecnici del dicastero e adesso la patata bollente della riforma sulle concessioni demaniali marittime la sta gestendo in prima persona. A preoccupare i sindacati, ormai consapevoli che le procedure ad evidenza pubblica sono pressoché inevitabili nonostante la base della categoria sia contraria, oltre al tema della proroga è anche la bozza ddl spiagge, il cui contenuto è circolato in maniera ufficiosa e che le associazioni reputano non soddisfacente. Tutto ruota attorno al difficile equilibrio tra l’apertura delle concessioni alla concorrenza e la tutela delle imprese esistenti. Da qui le discussioni su indennizzi da parte del concessionario entrante sui beni non ammortizzati, punteggi da assegnare in base agli investimenti fatti, modalità con cui calcolarli tramite perizie e altro ancora. Senza dimenticare che nel ddl spiagge del governo è contemplata una vera e propria stangata sui canoni, con aumenti fino al 1500%.
LA PROPOSTA DELLA SENATRICE DEL PD
I balneari possono comunque contare su alcuni parlamentari a loro vicini. Se sul fronte del centrodestra Sergio Pizzolante (Ncd) e Maurizio Gasparri (Fi) da tempo seguono la questione, anche nel Pd c’è chi sposa la linea dei bagnini. Come la senatrice toscana Manuela Granaiola la quale a dicembre ha presentato una proposta di legge (“Testo unico dell’impresa balneare”) che va nella direzione opposta a quella del governo Renzi, non prevedendo la messa all’asta ma un’autorizzazione unica da parte delle amministrazioni comunali sull’utilizzo delle spiagge con verifiche biennali sul rispetto dei requisiti richiesti.