Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Sergio Luciano apparso su Italia Oggi,il quotidiani diretto da Pierluigi Magnaschi.
Tripadvisor multata per le recensioni “pelose” ai ristoranti paganti; e adesso Expedia e Booking costrette a “prendere impegni” vincolanti per il futuro rispetto ad alcune pratiche anticoncorrenziali imposte agli alberghi grazie al potere contrattuale esercitato sul mercato on-line. Mamma mia, che brutte notizie! E invece no, perché sono due notizie che certificano, con chiarezza, come ormai anche il mercato on-line sia un mercato puro e semplice, come tutti gli altri, cioè con tutti i vizi e i difetti che ciò comporta, e non “la città del sole”, o il paradiso del consumatore. Che in un mercato emergano i “furbi” e che qualcuno gli tagli le unghie, è solo il segno salubre di una graduale anche se mai completa maturazione del mercato stesso.
Ma proviamo a capire meglio cosa sta succedendo. Il dato di partenza è che il settore del turismo è da ormai una decina d’anni quello nel quale la locusta del web ha demolito la vecchia catena dell’intermediazione (con i suoi maggiori costi, le sue lentezze, le sue furbate ma anche la sua sapienza consulenziale), riservando il bottino agli operatori on-line e azzerando un interno settore economico, quello delle agenzie di viaggio.
Oggi si scelgono e si prenotano on-line la maggior parte dei viaggi dei soggiorni in hotel o in bed and breakfast e dei pasti in ristorante. Questo dà ai siti leader del settore un enorme potere contrattuale.
Tripadvisor è una specie di social network dove liberamente gli avventori dei ristoranti esprimono la loro valutazione sulla qualità dell’esercizio che hanno visitato. Ma possono farlo, ovviamente, anche per interesse. Si è scoperto che in alcuni casi era così: come peraltro accadeva da sempre, con le guide gastronomiche e le critiche turistiche tradizionali sui giornali tradizionali. E questo conta: le «mele marce» ci sono ovunque ci sia un giudizio di pubblica rilevanza. Che il giudizio influente sia rimesso a una casta più o meno ristretta (quella dei critici) o sia aperto a tutti, è poco rilevante, perchè anche nella platea più vasta dei navigatori che danno i loro giudizi è facile, per chi voglia e sappia farlo, ritagliare un plotone di recensori interessati che vendono i loro pareri a fini pubblicitari. Marchette ben cammuffate, insomma.
Questo è emerso e nulla toglie al valore complessivo del fenomeno Tripadvisor, sarebbe meglio se le recensioni potessero essere fatte solo da chi ha mangiato realmente e pagato il pasto, ma tant’è: l’importante è che nessuno le consideri più oro colato. TripAdvisor dovrà pagare 500mila euro perché, nel pubblicizzare la propria attività, ha enfatizzato “il carattere autentico e genuino delle recensioni, inducendo così i consumatori a ritenere che le informazioni siano sempre attendibili, espressione di reali esperienze turistiche”.
Diverso il caso di Booking ed Expedia, perché questi due colossi (tra tutte e due fatturano circa 80 miliardi di euro nel mondo!) offrono servizi on-line e stavano prendendo la cattiva abitudine – questo è stato l’assunto da cui è partita l’istruttoria – di approfittare della loro posizione di dominio per imporre agli esercenti prezzi e condizioni lesive della loro libera iniziativa. In particolare, sembrano vincolare “le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione (siti web degli alberghi compresi)”.
L’istruttoria si concluderà entro luglio 2015. Ma intanto, e questo è l’elemento nuovo, i due big dovranno assumere degli impegni precisi e rispettarli, sui temi oggetto dell’istruttoria stessa, se non vorranno essere sanzionati. Leadership di mercato va bene, bravi; ma approfittarne oltre il dovuto non è corretto neanche sul web.