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Tutte le convergenze parallele fra Obama e Draghi

C’è qualche legame tra il discorso sullo stato dell’Unione tenuto da Barack Obama e quel che si accinge a fare Mario Draghi? Apparentemente no, sono due mestieri diversi e due tratti diversi della politica economica.

Il presidente americano vuole abbassare le imposte sui redditi medio-bassi facendo pagare i ricchi e le grandi corporation, dunque la sua è politica fiscale. La Bce invece dovrebbe aumentare la liquidità che circola nell’area euro acquistando titoli di Stato, cioè fa politica monetaria. In realtà, un nesso c’è, ma più che economico in senso stretto è sociale e politico. Sia Obama sia Draghi, infatti, cercano di fronteggiare il grande malessere della classe media.

“Ci siamo sollevati dalla recessione più liberi di scrivere il nostro futuro”, ha detto Obama facendo appello alla sua nota retorica. Questo futuro è basato su quella che egli stesso ha chiamato “middle class economics”. Secondo commentatori come Vittorio Zucconi della Repubblica, è tornato a sinistra. Thomas Edsall sul New York Times parla piuttosto di “capitalismo inclusivo”, una idea lanciata un anno fa in un convengo a Londra organizzato tra gli altri dai Rothschild, al quale hanno partecipato Bill Clinton e Larry Summers, la testa d’uovo che ha ispirato l’ambiziosa agenda per l’ultimo biennio della presidenza Obama. In ogni caso, il punto di partenza è il collasso del ventre tondo e un tempo solido della società del benessere.

In molti hanno parlato di scomparsa della classe media, evocando la vecchia idea marxista di proletarizzazione. Ci sono senza dubbio fenomeni del genere sia negli Stati Uniti sia in Europa occidentale. Quella che un sociologo à la page come Zygmunt Bauman, amatissimo a sinistra, definiva società liquida, è diventata una società spaccata in due? Sembra improbabile. Forse prima non era così liquida e oggi non è così polarizzata. In realtà emerge una sorta di frantumazione provocata dall’innovazione tecnologica da un lato e dalla rinascita asiatica dall’altro. L’una e l’altra, infatti, hanno spazzato via interi mestieri. Sta succedendo ai colletti bianchi quel che accadde ai colletti blu negli anni ’70-’80: allora scomparve la centralità operaia oggi quella dell’impiegato. Sotto tiro non sono solo i dipendenti pubblici per colpa della crisi fiscale degli Stati, ma anche i bancari travolti dall’uso massiccio di internet. E così via.

E’ questa crisi della piccola borghesia a generare l’ondata populista. La storia non si ripete, ma in fondo val la pena riflettere che non fu il biennio rosso, bensì la rivoluzione piccolo borghese sotto le insegne dei fasci, ad abbattere il regime liberale nell’Italia degli anni ’20 e poi in buona parte d’Europa, a cominciare dalla Germania. E quello stesso “mondo di mezzo” oggi scuote l’intero sistema costruito in Occidente dopo la seconda guerra mondiale.

Obama, vinta la recessione, sta cercando di recuperare parte del terreno perduto in termini di consenso. La ragione della sua scelta è politica, non può essere giudicata solo in punta di dottrina economica, nemmeno ricordando che in fondo le aliquote per i ceti medio alti negli Usa sono destinate a salire dal 23,8 al 28% (la metà rispetto all’Italia e a buona parte dell’Eurolandia).

Bene, ma Draghi cosa c’entra? C’entra perché in fondo sta facendo lo stesso in modo diverso. Stampare moneta per dare liquidità alle banche e acquistare titoli di Stato, ha l’obiettivo di rimuovere i due macigni principali che opprimono la classe media: la mancanza di credito e le tasse (se i governi reagiranno con la giusta politica fiscale). Naturalmente se ne avvantaggiano anche i redditi inferiori, però la crisi ha colpito di più chi non è esentato né dalle imposte né dal ticket sanitario. I lavoratori autonomi ai quali per decenni è stato consentito di evadere, oggi sono nella tagliola del fisco e le banche non li finanziano più. I redditieri campati riscuotendo gli affitti, oggi pagano persino il doppio rispetto al passato.

Riportare il bilancio in linea è una necessità assoluta. Ridurre l’evasione (più o meno consentita) è cosa buona e giusta. Far pagare i contributi a commercianti, artigiani, coltivatori, anche. Ma pretendere tutto questo allo stesso momento, mentre manca pure il credito, vuol dire far collassare l’intera società. La Federal Reserve con il Quantitative easing ha oliato la macchina economica, adesso Obama cerca di riequilibrare il motore sociale. Draghi aziona le proprie leve. I governi debbono muovere le loro. Berlino non ci sente? Eppure quel che sta accadendo a Dresda dimostra che la campana suona anche per la Germania.

Stefano Cingolani

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