Caro Direttore,
le scrivo senza avere alcuna verità pronta da snocciolare come avviene invece nelle migliori performance politiche di una politica vetusta e ormai indifendibile. Non sono mai stato iscritto ad alcun partito, sono passato da una tradizione social democratica ad una più liberale riformista, aderendo con entusiasmo oltre un anno e mezzo fa al movimento di Scelta Civica.
Candidato alla Camera nella circoscrizione Lombardia 1, tra i soci fondatori di Scelta Civica Milano, ho assistito all’involuzione politica di un soggetto che ha tentato con presunzione e ingenuità di passare dalla pubertà all’età adulta in un solo colpo, commettendo tanti e tali errori da far desistere anche il più grintoso gregario.
Errori politici, errori di scelte politiche, errori nella scelta delle persone politiche e non civiche, errori di comunicazione grossi come una casa. Il prossimo congresso potrà pure esprimere un’indicazione di leadership ma di sicuro non esprimerà un indirizzo politico, perché non c’è, o se c’è non è condiviso. Spalletta a destra, spalletta a sinistra, sconquasso al centro, ma non si è mai avuto il coraggio e la visione di spiegare dentro e fuori cosa vuol dire liberismo riformista.
Oggi non esiste più la netta divisione tra comunisti e capitalisti, popolo e sovrani, esiste un’involuzione sociale dove la borghesia si è impoverita mangiando nel piatto del popolo e i benestanti sono sempre meno ma sempre più benestanti. Le politiche renziane sono pagliativi d’immagine, non c’è coraggio, c’è lo slogan.
Scelta Civica poteva essere davvero una novità per l’Italia, poteva cambiare la storia, perché era fatta da persone in gamba, competenti, vogliose di cambiare con visione e lungimiranza e non sparare tanto per sparare. Si è persa più di un’occasione e oggi prima di un congresso sarebbe opportuno chiarire la visione politica, chiamare i disillusi, aprirsi alla rete, costruire una credibilità territoriale, per poi partire insieme alla base nella costruzione di una governance politica capace di influenzare le scelte strategiche.
Non può essere lo Zanetti di turno il salvatore della patria, né ci si può lustrare la coccarda tricolore del logo di Sc per la presenza al Governo di un ministro e qualche sottosegretario. Partiamo dal basso, coinvolgiamo chi oggi continua a non riconoscersi né nel Pd né in FI né in partiti di matrice estremista.
Promuoviamo messaggi politici ed istituzionali di grande empatia, uno su tutti: il senatore Ichino, candidato per il Colle. Così si ottengono credibilità e fiducia, non con il classico vecchio e indifendibile comportamento politico lontano dal popolo, vicino ai privilegi e all’arte di cambiare tutto per non cambiare nulla.
Daniele Salvaggio