C’era anche Facebook nella lista degli investitori interessati a infondere denaro nel rampante produttore cinese di smartphone Xiaomi. Mark Zuckerberg e il Ceo dell’azienda pechinese Lei Jun hanno discusso lo scorso mese un possibile investimento da parte di Fb, ma non sono arrivati a un accordo. A Zuckerberg faceva gola la possibilità di avere un partner di peso in Cina (dove Facebook è vietato dal 2009), mentre Xiaomi avrebbe potuto appoggiarsi a Facebook per la sua espansione internazionale. Ma anche senza Facebook, il vendor cinese ha chiuso il suo ultimo round di raccolta fondi con ben 1,1 miliardi di dollari ed è così diventata la più ricca start-up hitech del mondo: vale 45 miliardi di dollari.
IL VALORE DI XIAOMI
Solo tre anni fa Xiaomi lanciava sul mercato il suo primo smartphone e un anno e mezzo fa era ancora valutata “solo” 10 miliardi. Oggi macina 12 miliardi di dollari di fatturato annuale (dato del 2014). Zuckerberg ha parlato a Lei Jun di un suo eventuale investimento nel corso di una cena privata a Pechino. Il deal sarebbe sfumato per via delle implicazioni politiche e commerciali di una partecipazione di Facebook nella società nota come la “Apple cinese” per i suoi telefonini che ricordano fin troppo quelli della Mela e il suo Ceo che veste e parla “alla Jobs”.
L’ultimo round di investimenti è stato guidato da società come il fondo hitech di Hong Kong All Stars Investment, DST Global, società del private equity che ha già investito in Facebook e Alibaba, il fondo sovrano di Singapore GIC, il fondo cinese Hopu Management, e la Yunfeng Capital, che fa capo al fondatore di Alibaba Jack Ma.
L’investimento di Facebook avrebbe sicuramente accresciuto il rilievo internazionale di Xiaomi mentre permetteva a Zuckerberg, che già ha un social network con 1,3 miliardi di utenti, di rimettere piede nel paese più popoloso del mondo. Ma Lei Jun, oltre a temere le implicazioni politiche dell’alleanza con Fb, ha voluto evitare di incrinare i rapporti con Google, che è un suo business partner cruciale, visto che gli smartphone di Xiaomi usano il sistema operativo Android.
TRA APPLE E AMAZON
Ma che cosa ha fatto salire tanto il valore di Xiaomi agli occhi degli investitori? In Cina è già il maggior produttore di smartphone, mentre sul mercato globale è superata solo dai colossi Samsung Electronics e Apple. E il Ceo Lei Jun è sicuro che Xiaomi diventerà il produttore numero uno al mondo in cinque anni.
La realtà è che Xiaomi è una società che produce di tutto, dai router per Internet ai deumidificatori alla MiTv, vendendo prevalentemente online, su Mi.com, il terzo maggior portale dell’e-commerce in Cina, con un modello verticale fortemente integrato. Tanto che la stessa Xiaomi ha dichiarato di non voler essere paragonata ad Apple ma piuttosto “ad Amazon con alcuni elementi di Google”. “Mettete insieme queste tre aziende e vi farete un’idea di chi è Xiaomi”, ha detto Lei Jun.
Il Ceo ha spiegato che il core business di Xiaomi non è (come per Apple) la vendita di smartphone, visti i prezzi low-cost; le attività primarie sono invece l’e-commerce — la vendita di accessori per i telefoni sul sito Internet – gli accordi con gli operatori telecom e la vendita di “servizi Internet”, come i giochi.
I FAN DI XIAOMI
Ma se i servizi generano soldi, il vero punto di forza di Xiaomi sono i fans: gli osservatori cinesi parlano di “devozione e idolatria”. Il forum online di Xiaomi riceve in media 200.000 post al giorno: qui i fedelissimi del vendor cinese interagiscono con l’azienda e molti sono disposti a testarne i prodotti e a lasciare suggerimenti.
Anche Bernstein Research parla di massa di fans fedelissimi, entusiasti e devoti più di quelli di Apple: hanno un nome, “Mi-fans“, dei fan club e un “Mi-fan Day” che festeggiano il 6 aprile, quando Xiaomi organizza delle speciali promozioni e annuncia nuovi prodotti.
Sono fans che viaggiano attraverso la Cina per essere presenti ai nuovi lanci di prodotto di Xiaomi e si riempiono di gadget della loro azienda preferita: durante un “festival” che celebrava il quarto anniversario di Xiaomi sono stati venduti 170.000 peluche Mi Rabbits — la mascotte di Xiaomi; nel 2014, al festival del “Mi Day” sono state totalizzate vendite per 243 milioni di dollari, un record in Cina.
Secondo Bernstein, Xiaomi non ottiene questo seguito portentoso tramite la pubblicità (Samsung spende molto di più per questo), ma grazie al rapporto diretto che ha saputo creare con i suoi utenti tramite i social media, instaurando un dialogo costante in cui l’utente sente di parlare con l’azienda e di ricevere risposta alle sue domande.
“Qual è il segreto del marchio Xiaomi? La partecipazione dei nostri utenti”, ha detto il co-fondatore Wanqiang Li. “Xiaomi non vende un prodotto ma il desiderio di essere parte di qualcosa”. E’ la cosiddetta “fan economy”, alimentata ulteriormente dal fondatore e Ceo Lei Jun, paragonato a Steve Jobs anche per il carisma.
IL LIFESTYLE
“Xiaomi non vende elettronica ma uno stile di vita”, ha detto anche l’analista Ben Thompson. Non stupisce che il successo di Xiaomi si leghi a uno specifico segmento demografico, i giovani dai 13 ai 34 anni: sono gli studenti universitari e i giovani alla prima esperienza lavorativa la user base di Xiaomi. Data l’età, vivono ancora con i genitori (è comune in Cina non andare in affitto ma aspettare di potersi permettere di acquistare un appartamento) e quindi hanno denaro da spendere in “accessori e servizi” per lo smartphone, quelli su cui Xiaomi guadagna. Quando poi i “fanatici” utenti di Xiaomi possono permettersi di comprare la loro casa, la riempiono di tutti quelli articoli di elettronica di consumo che Xiaomi offre, dalla Tv al deumidificatore, parte del “lifestyle” Xiaomi.
LE AMBIZIONI INTERNAZIONALI
Si tratta di uno stile ancora lontano dall’entusiasmare l’Occidente ma che sta contagiando qualche paese vicino. L’espansione di Xiaomi in India, il secondo paese più popoloso del mondo, è già iniziata, e da poco Xiaomi è presente anche in Indonesia (il quarto paese più popoloso). La prossima tappa è il Brasile. Certo, arrivare in Usa e Europa sarà molto più difficile. Uno dei principali ostacoli è quello della proprietà intellettuale: in Cina viene vista come un bene della comunità, in Occidente, ovviamente, no e Xiaomi non resisterebbe facilmente agli assalti legali dei concorrenti (a cominciare da Apple che non ha mancato di insinuare che Xiaomi produce delle vere copie dei prodotti della Mela). Questioni brevettuali a parte, un’ulteriore espansione internazionale di Xiaomi vorrebbe dire anche un forte aumento dei costi (anche se Xiaomi si appoggia in gran parte sui canali di vendita online, dovrà cercare l’alleanza di terze parti). Difficile poi suscitare fuori dalla Cina il fenomeno di “devozione e idolatria” generato in patria, soprattutto se non ci si presenta con prodotti veramente originali e unici.
I TEASER DEL MI5
Ma intanto controllare i due mercati più popolosi del mondo potrebbe bastare a fare di Xiaomi un colosso. Non stupisce che l’attesa per il suo nuovo modello di punta sia altissima, anche grazie a pubblicità-teaser e preannunci dell’azienda: il Mi5 verrà presentato a Pechino il 15 gennaio e già milioni di fans ne parlano cercando di indovinarne funzionalità e design. Per ora le immagini-teaser sembrano svelare solo una forma ultra-sottile ed elegante, mentre i rumors sulle specifiche parlano di schermo Quad HD da 5,5 o 5,7 pollici con risoluzione di 2560×1440 pixel, pari a modelli di fascia alta come il prossimo Samsung Galaxy S6. Ci dovrebbe essere anche un processore Snapdragon 805 e ancora Ram da 3GB, supporto del 4G Lte, fotocamera posteriore da 20.7-megapixel con sensore Sony Exmor RS e, come sempre, prezzo super-competitivo.