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Popolare di Milano, Bper e Ubi. Tutti i report che fanno festa per il decreto Renzi sulle Popolari

Il decreto Popolari piace anche a S&P. L’agenzia americana di rating ha emesso un report in cui spiega nel dettaglio perché approva la norma che obbliga dieci banche popolari – quelle con asset superiori agli 8 miliardi – a diventare spa entro 18 mesi, a rimuovere il limite del voto capitario e a stabilire un quorum in assemblea per decidere cambiamenti nello Statuto o decisioni su fusioni e acquisizioni.

GLI ASPETTI POSITIVI DEL DECRETO SECONDO MR. RATING

“Il decreto è positivo – scrivono gli analisti di S&P – per il sistema bancario italiano, dato che la piccolo dimensione delle banche le rende spesso incapaci di assorbire gli effetti delle condizioni operative ed economiche, persistentemente deboli, del Paese. Inoltre crediamo che l’implementazione del decreto potrebbe, con il tempo, contribuire a migliorare gli standard di corporate governance di alcune banche italiane”. Ovviamente a patto che il disegno non venga stravolto nell’ambito del processo di ratifica da parte del Parlamento, dice l’agenzia di rating. “Tuttavia non è il cambiamento della forma societaria di grandi banche Popolari in sé ad avere un impatto significativo sul rating a breve termine”.

CHE COSA DICE IL REPORT

Con oltre 500 banche e altri gruppi finanziari operanti nel mercato popolari, il settore bancario italiano è molto frammentato, con un gran numero di banche regionali o locali di medie dimensioni. “Questa frammentazione ha portato, a nostro avviso, all’incapacità di alcune banche più piccole, di avere economie di scala, migliorare l’efficienza a livelli più in linea con quelli dei competitor internazionali, e diversificare i loro flussi in entrata. Oltre a rendere più vulnerabile il sistema bancario nazionale”.

I NUMERI DELLE POPOLARI ITALIANE

Le banche popolari italiane, secondo quanto riporta S&P, rappresentavano, a giugno scorso il 25% del credito bancario totale nel Paese, con quelle con attivi superiori agli 8 miliardi che detenevano una fetta dell’85% di questo valore. La diversa regolamentazione di queste banche “mira a preservare la loro struttura azionaria granulare e i loro forti legami con le comunità locali. Le caratteristiche più salienti delle popolari sono che un singolo azionista debba possedere al massimo l’1% della società, che a ogni testa corrisponda un voto in assemblea limitazione della proprietà di 1% del capitale sociale della banca popolari pertinente; “un socio, un voto” regola assemblee; e la possibilità di delegare in assemblea il proprio voto ai rappresentanti designati, aumentando così il peso di questi ultimi. Questa possibilità ha scoraggiato la partecipazione degli investitori istituzionali negli organi direttivi di alcune banche Popolari e ridotto la volontà di investire in queste banche di tali investitori. Creando anche distorsioni in alcuni modelli di governance delle banche Popolari, consentendo cioè ad alcuni azionisti di minoranza di fatto di controllare le decisioni”.

COSA MIGLIORA IL DECRETO RENZI

Il decreto, secondo S&P, potrebbe risolvere alcuni di questi problemi, “favorendo l’accesso delle banche al mercato dei capitali, promuovendo la partecipazione degli azionisti istituzionali alle assemblee e ridurre i poteri delle minoranze”. Il consolidamento che la società di rating si aspetta “non necessariamente comporterà un aumento del merito creditizio. Tuttavia, riteniamo che potrebbe contribuire a razionalizzare le entità rendendole più adatte a raccogliere capitali sui mercati. Inoltre, il consolidamento potrebbe aiutare a correggere l’eccesso di capacità nel settore e migliorare il pricing power delle banche, favorendo la creazione di maggiori economie di scala e di maggiore efficienza nonostante la crescita economica rimanga limitata”.

NESSUN EFFETTO SUI RATING

Quanto alla governance, le linee guida introdotte da Banca d’Italia nel 2008, hanno già migliorato la situazione. “Eppure, anche se migliorative, queste linee guida non sono del tutto efficaci, dato che non hanno impedito ad alcune banche di adottare una governance debole e inefficace, con eccessive concentrazioni di potere, conflitti di interesse, interferenze politiche. In questo ambito il decreto di Renzi rappresenta una soluzione importante”. Ma non sono previste promozioni in termini di rating almeno nel breve termine.

I GIUDIZI DI EXANE

Intanto, nell’attesa che il decreto diventi legge, anche le banche d’affari iniziano a dire la loro sulle Popolari. Dopo la diffusione del bilancio d’esercizio preliminare del 2014, Exane ha tagliato a 14 euro il target price sul Banco Popolare, per via del calo delle delle stime di utile per il biennio 2016/2017. Rivisto invece al rialzo il target price di Bpm, da 0,81 euro a 0,84 euro e ridotto per i prossimi due anni l’eps di Bper, anche se il prezzo obiettivo è fermo a 8,6 euro. Sui tre titoli gli analisti di Exane hanno giudizio outperform.

LE PAGELLE DI EQUITA

Su Popolare dell’Emilia Romagna Equita ha giudizio hold e target price di 7,1. “La perdita del quarto trimestre – scrive Giovanni Razzoli – è sotto le attese (46mn vs 77mn) grazie a minori rettifiche”. Inoltre i target al 2017 contenuti nel business plan sono credibili e pesa in positivo qualche “apertura sulle modifiche di governance: il management ritiene irreversibile il processo di cambiamento e il superamento del voto capitario: la sensazione è che un compromesso che preveda più tempo per la trasformazione rispetto ai 18 mesi previsti dal decreto e cap al diritto di voto possa essere accettabile”. Buy per Bpm che ugualmente soprende con i risultati del trimestre “sopra le attese grazie a costo del rischio. Outlook 2015 confortante, in attesa di M&A a breve. La piccola sorpresa sul dividendo (2.2 cents ie 10% sopra le attese) va nella direzione di un outlook 2015 confortante e conferma fiducia sulla ripresa del business in atto”. In generale la sim milanese aumenta il peso del settore bancario “concentrandolo sulle popolari (Banco Popolare e Bpm)”. Buy, infine, anche per Credito Valtellinese, grazie a un trimestre “allineato alle attese. Ricavi leggermente migliori e sotto la linea operativa maggiori accantonamenti. CET1 11% vs 10.9% previsto”.


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