Sì alla riclassificazione della banda larga come servizio pubblico e al trattamento uguale per tutti i contenuti su Internet: la Federal Communications Commission americana ha approvato (tre voti favorevoli, due contrari) la proposta di regole sulle net neutrality formulata dal suo presidente Tom Wheeler.
LA DECISIONE
Da mesi la battaglia sulle norme per la neutralità della rete infiamma gli animi negli Stati Uniti, con i Democratici – fortemente sostenuti da Barack Obama – le Internet companies e le associazioni dei consumatori favorevoli alla riclassificazione delle aziende della banda larga e alla non discriminazione dei contenuti sulla rete, che promuove lo sviluppo di nuove aziende del web e crea condizioni eque sul mercato di Internet, e i Repubblicani e le telco che gridano contro l’inasprimento dell’intervento regolatorio pubblico, che frenerebbe investimenti e innovazione, e propensi a dare il via libera ad accordi con cui gli Internet service provider si fanno pagare per dare priorità a certi contenuti sul web.
L’ABC DELLA NET NEUTRALITY
Il ragionamento delle aziende telecom è chiaro: content provider come Netflix e YouTube rappresentano la maggior parte del traffico sulle nostre reti, perché non dovrebbero pagarci per garantire un’erogazione veloce ai loro utenti? Siamo noi a investire nelle reti di trasporto. Replicano i content provider: il traffico di Internet è tutto uguale, e il rallentamento di alcuni contenuti a favore di altri peserebbe sui consumatori finali, che sono quelli che pagano per il servizio di accesso alla rete. Sarebbe un po’ come se FedEx consegnasse meno velocemente i pacchi di Amazon perché sono quelli che gli ingombrano di più i camion o volesse farsi pagare da Amazon per un trasporto che già i consumatori pagano.
Finora il servizio Internet su banda larga era classificato dalla legge americana come “information service”; riclassificandolo come “telecommunications service” (e ciò vale sia per la banda larga fissa che mobile) è la legge (Communications Act) a vietare di dare priorità ad alcuni contenuti e rallentarne altri.
I NUOVI POTERI DELLA FCC
La riclassificazione della banda larga fa di colpo ricadere il broadband in un tipo di servizio più regolato, dando quindi alla Fcc potere di intervenire. La Fcc avrà per esempio l’autorità di controllare che gli accordi che i fornitori della banda larga, come Comcast o Verizon, stringono con i fornitori di contenuti, come Netflix, siano equi e ragionevoli per i concorrenti e i consumatori. Non sarà possibile per gli Internet provider rallentare o bloccare contenuti e stringere accordi di paid prioritization, in cui le aziende dei contenuti pagano per far sì che i loro dati (video, per esempio) arrivino senza ritardi e interruzioni ai consumatori. La Fcc amplia anche i suoi poteri di sorveglianza sugli accordi di interconnessione, elemento meno noto ma altrettanto cruciale della net neutrality: sono gli accordi con cui le aziende dei contenuti pagano i fornitori del servizio di banda larga per connettersi alle loro reti.
“L’HA ORDINATO OBAMA”
A votare sì insieme a Wheeler sono stati i commissari Democratici Jessica Rosenworcel e Mignon Clyburn, in linea con il loro presidente che ha affermato prima del voto: “Internet è troppo importante per permettere che i fornitori della banda larga siano gli unici a fare le regole”. La Clyburn ha osservato che “senza le regole che adottiamo oggi”, gli Isp “sarebbero liberi di bloccare, rallentare, favorire o discriminare”.
Visione opposta per i due commissari Repubblicani che hanno votato no. In particolare, Ajit Pai ha definito la decisione un “voltafaccia” dovuto a una sola ragione: “Il Presidente Obama ci ha ordinato di fare così”.
VERIZON PROTESTA IN CODICE MORSE
Sul piede di guerra le telco, pronte a far valere le proprie ragioni anche nelle aule di tribunale. Gli esperti dicono che gli avvocati delle aziende telecom stanno solo aspettando che la Fcc pubblichi le specifiche delle regole (un documento di oltre 300 pagine).
Jim Cicconi, head of public policy di At&t, ha scritto in un blog post che, visto che l’approvazione delle nuove regole è arrivata con 3 voti favorevoli ma 2 contrari, questo è “un invito a rivedere la decisione, infinite volte”. Insomma, le cause fioccheranno. Per Cicconi esiste anche la possibilità che la Fcc possa votare contro queste regole in futuro, nel caso i Repubblicani assumessero la maggioranza nella Commission.
Tuttavia una nota di oggi di At&t smorza i toni e Cicconi ribadisce l’intenzione dell’azienda, “nonostante la decisione che vieterà ai provider di offrire a pagamento servizi a maggiore velocità”, di “cercare una soluzione bipartisan, che unisca e non divida”.
“At&t non ha mai chiesto che non vi fosse una regolamentazione in quest’area, bensì ha sempre parlato di una regolamentazione snella e intelligente, che non precluda investimenti e innovazione”, si legge nella nota. Secondo Cicconi, “a non avere senso è soffocare una tecnologia come Internet all’interno di un quadro regolatorio degli anni ’30”.
Una posizione pienamente allineata con quella di Verizon, che ha denunciato la decisione presa dalla Fcc addirittura con un comunicato stampa in codice Morse, a simboleggiare il fatto che le nuove regole riportano l’America nel passato. Il voto della Fcc è definito da Michael E. Glover, senior vice president, public policy and government affair di Verizon, “un passo radicale che segna l’inizio di un periodo di incertezza per consumatori, innovatori e investitori”. Ci saranno conseguenze nefaste per i consumatori e ampie parti dell’ecosistema di Internet per anni.
I fornitori del servizio Internet sostengono in genere di essere favorevoli al principio della non discriminazione dei contenuti sul web ma avvertono che la mano pesante della Fcc nel regolare il settore scoraggerà gli investimenti, perché gli introiti per le aziende della banda larga saranno minori, e limiterà la capacità delle telco di sperimentare nuovi servizi e piani di sviluppo aziendale. Il fronte delle telco non è tuttavia compatto: i player più piccoli Sprint e T-Mobile US hanno dichiarato che le nuove regole non avranno grosso impatto sugli investimenti. “Le entrate degli Internet service provider resteranno le stesse”, ha assicurato il presidente della Fcc Tom Wheeler, sottolineando anche che la Fcc non ha alcuna intenzione di intervenire in modo pesante e non si occuperà di regolare i prezzi né imporrà alle telco di aprire le loro reti ai rivali.
Barbara van Schewick, professoressa di legge alla Stanford University ed esperta della net neutrality, pensa inoltre che le nuove regole supereranno la prova dei tribunali: “La decisione della Fcc di riclassificare il servizio Internet come ‘common carrier’ in base al Title II del Communications Act mette le regole su solide fondamenta legali”.
L’OPPOSIZIONE REPUBBLICANA
Accese anche le proteste dei Repubblicani, che già avevano aperto un’inchiesta sul ruolo avuto dalla Casa Bianca nell’influenzare la proposta di Wheeler e il voto della Fcc, un ruolo a loro parere non legittimo perché la Fcc è un’agenzia indipendente. Ora i Repubblicani continueranno a portare avanti al Congresso la propria legge sulla net neutrality che, dicono, è ugualmente contraria a ogni discriminazione in nome della libertà su Internet ma esclude la riclassificazione del broadband (anche se le chance di prevalere sono scarse senza il supporto Democratico).
“Abbiamo ancora intenzione di proporre una legge che risponda alle richieste di proteggere un Internet libero e aperto come è stato finora, capace di favorire innovazione, crescita economica e potere globale per l’industria americana”, hanno dichiarato i Repubblicani del Sottocomitato su comunicazioni e tecnologia dell’House Energy and Commerce Committee.
Dopo il voto della Fcc un gruppo di 20 Repubblicani del Congresso ha anche pubblicato una nota che afferma che le nuove regole “minacciano la futura sostenibilità di Internet e la capacità dell’America di competere sul mercato tecnologico globale”. A ciò segue una promessa: “Non resteremo con le mani in mano”.
I Repubblicani sperano ora di far passare un Congressional Review Act che disapprova le nuove regole e blocca la possibilità per la Fcc di usare il Title II per qualunque regola sulla net neutrality a meno che non sia il Congresso stesso a dare indicazione esplicita in tal senso alla Commission.