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Erri De Luca, quando gli uomini non chiudono gli occhi

C’è stato un periodo della mia giovane vita durante il quale volevo avviarmi alla carriera giurisprudenziale. Sin da bambino mi avevano legato a doppio cappio, non certo intorno al collo, l’emblematica figura dell’avvocato delle cause perse e credetti, a torto o a ragione, di intraprendere questa strada. Scelsi uno degli atenei più prestigiosi d’Italia e lasciai la provincia lucana per dirigermi a Napoli.

La mia prima casa napoletana si trovava ai piedi dei quartieri, gentilmente contenuta tra le due rette parallele che sono – spero ancora oggi – via Speranzella e Vico Lungo del Gelso. Palazzi alti e poco sole tra voci del sud che guardano il mondo.

Il portone del mio palazzo si apriva alla vita di Via Emanuele De Deo, retta tangente ideale tra la speranza ed il gelso,  e nel tempo di una sigaretta si poteva arrivare velocemente a Via Ponte di Tappia. Lì incontrai la prima volta Erri De Luca. In realtà, per essere onesti, lì comprai per la prima volta un libro di Erri De Luca: “Il giorno prima della Felicità”. Da allora l’ho rincontrato svariate volte ed ogni sua virgola è sempre stata strepitosamente precisa tra le sue metafore riuscendo a dar forma ai pensieri tanto che, alle volte, ho sospirato penosamente sperando che capitasse anche a me – prima o poi – la stessa capacità.

Scrive bene, Erri. Questo è chiaro. Non solo. Le sue rughe sono storie ancora da raccontare e le spalle curve in avanti sono segno d’umiltà e pacatezza. Quando parla la voce è mite ma i pensieri decisi. Quel che pensa lo dice, educatamente. La poesia che quel posto senza sole e palazzi alti sicuramente gli ha donato.

Oggi, Erri De Luca deve sostenere un processo perché pare che abbia incitato alcuni soggetti negli scontri No Tav in Val di Susa. Pare che parlando a RadioRai abbia affermato che “la TAV va sabotata”. Un caso studio particolare perché qualcuno ha, poi, effettivamente provato a sabotare l’alta velocità ed a nulla è servito che il poeta in questione abbia anche spiegato come il verbo sabotare fosse nobile e con un significato molto più ampio dello scassamento di qualcosa. Lo usava anche Gandhi. Sabotare, se volete, anche con un ostruzionismo parlamentare è un sabotaggio rispetto a un disegno di legge.

Oggi, dunque, in Italia processiamo i significati e le idee. Cinicamente m’interessa un benamato se la TAV sia utile o meno ma siamo al limite del paradosso. Maggiormente perché dovrei essere processato anche io per tutte le volte che ho pensato e vociferato al bar che uno come Salvini si meriterebbe un calcio nelle gengive e poi qualcuno gli ha spaccato la macchina. Ora che ci penso, una volta, sperai in cuor mio che il gatto dei vicini facesse una brutta fine e poi qualcuno lo ha realmente investito.

Ecco: Erri l’ho incontrato a 300 metri da quella via antica intitolata a quel De Deo, padre della Repubblica Napoletana, che fu giudicato e giustiziato per delle idee. Infatti durante una cena, tenutasi a Gioia il 6 dicembre 1793, il giovane De Deo ebbe espressioni minacciose nei confronti del re Ferdinando IV e con un coltello ne minacciò l’effigie. La delazione di un sacerdote presente, fece aprire un’inquisizione e il 9 maggio 1794 De Deo venne incarcerato. Ma non solo.

Erri l’ho incontrato a 300 metri da quella tangente ideale su Vico Speranzella che vide, ipoteticamente, nascere Antonio Pisapia de L’uomo in più che saluto le luci della ribalta dicendo: “Ho sempre amato la libertà. E voi non sapete manco che cazzo significa. Io ho sempre amato la libertà. Io sono un uomo libero.”

Erri, Emanuele ed Antonio legati casualmente dalla mia voglia di sentirmi uomo in una città troppo donna per me. Da allora poco è cambiato: io sono sempre un avvocato delle cause perse ed in questo paese persistono i processi alle intenzioni.


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