Dal 2007 è nato un nuovo strumento finanziario che supporta la realizzazione di progetti legati all’ambiente e garantisce interessanti ritorni di investimento. Si tratta dei green bond. I settori interessati sono quelli delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e di tutte quelle attività che permettono di contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Le prime emissioni sono state fatte dalla Banca mondiale, ma ora il mercato si sta ampliando. Basti considerare che fino ad oggi l’emissione più grande, del valore di 2,5 miliardi di euro, è stata fatta nel maggio del 2014 dalla compagnia francese Gdf Suez.
Finanza e clima è quindi il nuovo binomio che muove alcuni tra i più rilevanti interessi del nostro tempo. Da una parte c’è il clima, elemento imprescindibile per la nostra sopravvivenza, ma la cui stabilità è minacciata da attività umane in contrasto con il ritmo della natura. Dall’altra c’è la finanza, motore dell’economia capace di mobilitare flussi monetari da capogiro e le cui crisi lasciano segni indelebili nell’economia reale.
A prima vista potrebbe sembrare un matrimonio anomalo. Una coppia improbabile. Il “lupo di Wall Street” che lavora per alleviare le pene di una natura malata e in crisi di sopravvivenza. In realtà, dietro questa nuova dinamica internazionale della green finance, si cela forse una delle più interessanti evoluzioni degli ultimi anni.
Si tratta di un settore che si lega a stretto giro anche con la responsabilità sociale delle imprese che, dopo essere passata attraverso l’impegno a difesa dei diritti delle persone più deboli (bambini, poveri, malati…), si apre ora all’ambiente e mira a finanziare progetti environment-friendly al fine di ottenere un ritorno d’immagine capace di favorire i propri affari. Obiettivo forse meno nobile, ma pur sempre necessario per far camminare la macchina economica.
Dal 2007 a oggi sono state emesse numerose obbligazioni green. Un anno fa a Davos il presidente del gruppo della Banca mondiale, Jim Kim, ha invitato gli investitori presenti al Forum economico mondiale a porre maggiore attenzione ai green bond. Le conseguenze non si sono fatte attendere: nel 2014 il valore totale delle emissioni verdi ha raggiunto i 35 miliardi di dollari, triplicando il livello del 2013, e le previsioni sono in continua crescita. Cifre rilevanti che, in vista di un appuntamento con il clima come quello di Parigi 2015, dovrebbero far riflettere. Tutti i Paesi del mondo hanno bisogno di sviluppare attività e progetti legati al clima, per ridurre le emissioni di gas serra ed evitare che l’aumento della temperatura terrestre superi i due gradi centigradi. L’accordo di novembre tra Usa e Cina ha segnato un passo importante in questa direzione. Resta tuttavia sempre da risolvere uno dei problemi principali che ha impedito ai vari negoziati internazionali sul clima di raggiungere accordi concreti ed effettivi: l’eterna diatriba tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo; tra chi, colpito dalla crisi, non ha possibilità di finanziare in eterno progetti eco-compatibili e chi, bloccato a un livello diverso di sviluppo, non ha risorse adeguate per far fronte alle iniziative ambientali.
Con i green bond si accende una nuova speranza. Capitali privati hanno ora modo di muoversi in armonia con il clima, generando un flusso virtuoso tra profitti, sviluppo e tutela ambientale. Fin qui nulla da eccepire. Gli interessi finanziari hanno un nuovo sbocco, la domanda crescente per i green bond prospetta tassi di interesse sempre più bassi e rendimenti positivi e, non da ultimo, gli investitori (pubblici e privati) possono mettere mano al portafoglio con il cuore più leggero, sapendo che il loro denaro sarà utilizzato per migliorare l’irrigazione nei Paesi africani, per sfruttare l’energia rinnovabile in piccoli villaggi peruviani e per creare smart city poco inquinanti e sempre più efficienti. Anche piccoli investitori stanno affacciandosi con interesse nel settore. Dati della Banca mondiale rilevano che lo Stato del Massachussets ha ricevuto lo scorso anno più di mille ordini per un’emissione di green bond; la maggior parte delle richieste provengono da singoli investitori interessati a supportare le attività ambientaliste della propria amministrazione locale.
Ma quando in un’attività, in special modo finanziaria, si sviluppa l’euforia, sappiamo bene che è meglio agire con cautela e valutare in modo strutturato tutti i rischi che potrebbero derivare da una movimentazione così rilevante di flussi monetari. Ed è proprio per questo che importanti entità coinvolte nel processo si stanno muovendo per stabilire regole comuni di valutazione dei progetti ambientali finanziati attraverso i green bond e per attribuire a queste obbligazioni delle valutazioni (rating) effettive circa la loro redditività e affidabilità in termini finanziari.
Nel documento Green bond principles, sottoscritto da più di 70 realtà, tra investitori, banche e altre entità coinvolte nel flusso della green finance, i green bond attualmente disponibili sono classificati in quattro tipologie: green bond tradizionali, green bond non-recourse, green bond legati a specifici progetti e green bond cartolarizzati. Sempre nello stesso documento, redatto in forma volontaria, si fa riferimento ai principi che dovrebbero essere seguiti nella gestione del mercato green al fine di assicurare trasparenza, efficacia ed effettività degli investimenti ambientali. Un altro strumento di valutazione del mercato dei green bond è stato offerto dal Barclays MSCI Green Bond Index realizzato dalla banca britannica Barclays in collaborazione con la società di consulenza finanziaria statunitense MSCI. L’indice fornisce misure chiare e indipendenti per standard rigorosi di sviluppo per questa nuova classe di investimenti. In via principale, ciò che si rileva è la necessità di garantire a questo mercato in espansione dei criteri standardizzati e comuni di controllo e valutazione. Il rischio che si corre è quello di utilizzare i green bond per mascherare attività che non favoriscono realmente uno sviluppo sostenibile.
In uno scenario sicuramente estremo, ma non per questo inverosimile, in cui i green bond dovessero iniziare a costituire una parte rilevante del portafoglio di numerosi investitori – pubblici, privati, gradi e piccoli investitori – scoprire che le attività sottostanti le obbligazioni climatiche non sono poi così environment-friendly, potrebbe costituire uno shock nella base reale del finanziamento, con conseguenze non del tutto imprevedibili. In fin dei conti non sono poi così lontani gli effetti sull’economia reale di un’euforia finanziaria incontrollata e forse un po’ sottovalutata.