I prezzi del petrolio hanno registrato, in poco più di sei mesi, un calo superiore al cinquanta per cento. A fronte di quotazioni nell’ordine di 110-115 Usd per barile dello scorso giugno, i valori di inizio 2015 sono scesi più volte sotto la soglia dei 50 Usd al barile. L’impulso alla crescita economica mondiale, qualora i valori medi dei prezzi si assestassero intorno ai $50 per barile, è stato stimato dal Fondo monetario internazionale in un valore compreso tra +0,4% e +0,8% del Pil nel biennio 2015-16. L’OCSE stima, sotto le stesse ipotesi, un incremento di crescita pari a 0,6 punti percentuali per le economie avanzate.
In Italia la domanda di energia nel 2014 ha registrato una flessione del 5,1% rispetto all’anno precedente. Il valore complessivo è stato pari a 157,6 mln di tep (tonnellate equivalenti di petrolio), in linea con quelli della fine degli anni ottanta. La fattura petrolifera nel 2014 ha fatto registrare una flessione del 18% rispetto all’anno precedente ed è risultata pari a 25 miliardi di euro, un ammontare analogo a quello del 2000 ma con consumi inferiori di oltre 35 milioni di tonnellate. Il calo della fattura petrolifera ha contribuito a contenere anche il costo totale dell’energia. La fattura energetica complessiva italiana ha registrato un calo del 20% rispetto al 2013, con un valore di 45 miliardi di euro (circa il 2,9% del Pil).
L’Italia nel confronto internazionale presenta un elevato livello di dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di energia; i prezzi pagati dalle imprese costituiscono un importante fattore di competitività. Un recente studio evidenzia come nel periodo 2003-2011 l’incidenza dei costi energetici sia risultata in costante crescita: sia rispetto al fatturato (dal 2,3 al 2,6%) sia rispetto al costo del lavoro (dal 27,1 al 30,8%).
Complessivamente l’effetto petrolio è atteso avere un riflesso positivo sulla crescita del Pil italiano traducendosi in un calo dei costi energetici sostenuti dalle imprese e dai consumatori. Gli effetti dipenderanno anche da altri fattori, tra cui le oscillazioni del cambio dell’euro verso il dollaro. La rivalutazione della moneta statunitense, pur sostenendo l’export manifatturiero, in parte potrebbe attenuare i benefici rivenienti dalla flessione delle quotazioni in dollari del greggio.