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Il quarantunesimo parallelo incanta il Teatro Argentina

Una persona della mia età non poteva non essere attratto da un complesso che si chiama Latitudine 41. Poco importa che il parallelo di cui tanto si parlava quando ero poco più che un bambino era il 38simo Nord (la linea di demarcazione dell’armistizio tra le due Coree, un armistizio ancora in vigore poiché formalmente i due Stati sono ancora in guerra l’uno contro l’altro). Poco importa se il Trio abbia il proprio dal 41simo parallelo Nord, dove è Rhodes Island dove si sono esibiti la prima volta insieme. Anche Roma e sul 41simo parallelo Nord. E, quindi, quel Teatro Argentina che Stendhal – con un’iperbole- considerava il più teatro al mondo, come scrisse nelle sua memorie di viaggio.

Nonostante i rifacimenti effettuati negli Anni Sessanta e Settanta per renderlo sede ‘popolare’ del Teatro stabile di Roma (alterando in maniera irrimediabile il foyer e le scale), è sempre una gioia entrarci per un concerto. Soprattutto da quando è stato spostato l’improvvido capolinea del tram e l’acustica, per quanto non riportata all’epoca di Stendhal, è molto migliorata.

Ma andiamo al Latitudine 41- un trio composto dalla violinista Livia Sohn, dal violoncellista Luca Piovano, e dalla pianista Bernadette Blaha. Americane la prima e la terza, romanissimo il secondo (è uno dei solisti prediletti da Antonio Pappano). Incrociatisi quasi per caso, come spesso avviene nella vita professionale degli artisti, lavorano insieme dal 2009, principalmente negli Stati Uniti (dove hanno, tra l’altro, prodotto numerosi CD) ma con frequenti tournée in Asia ed in Europa. L’indomani del concerto del 12 febbraio al Teatro Argentina volavano per una tournée in Spagna.

Il loro repertorio spazia dal romanticismo e post-romanticismo al moderno. Sfiora appena la contemporaneità. Occorre dire che il pubblico della musica da camera è molto affezionato al periodo che va dal Settecento alla prima parte del Novecento. Soprattutto negli Stati Uniti, c’è una separazione abbastanza netta tra le organizzazioni ed associazioni che apprezzano la contemporaneità e quelle che prediligono la musica del passato.

Il concerto, tenuto nell’ambito della stagione 2014-2015 dell’Accademia Filarmonica Romana, ci dava tre assaggi del Trio. Il primo è stato il notissimo Trio n.2 in mi bemolle maggiore di Franz Schubert, uno degli ultimi lavori composti prima che l’autore, pur giovanissimo, morisse. E’ un lavoro altamente drammatico (quasi un presentimento della fine) che Latitudine 41 ha accentuando specialmente nel passaggio tra il terzo tempo (Scherzando) ed il quarto (Allegro moderato).

Alcuni spettatori, conversando nell’intervallo, hanno trovato troppo enfatizzato il passaggio. Credo, invece, che il Trio abbia trovato il modo appropriato. Ricordiamo che di norma in quel periodo una sinfonia od un concerto termina con un ‘Allegro Svelto’ o con un ‘Agitato’, un movimento rapido quasi trionfale ed esaltante. L’’Allegro moderato’ è il presagio della fine che contrasta con la vitalità dello ‘Scherzo’.

Molto semplice il My Blues composto da Lorenzo Ferrero nel 1983, quando aveva 32 anni. Ferrero viene considerato un ‘neo-romantico’. Il Blues è un grazioso saggio accademico quasi schiacciato tra il trio di Schubert (che lo ha preceduto) ed il trio n.2 in mi minore di Camille Saint Saens (che ha concluso il concerto)- opera colossale in cinque movimenti di fine ottocento, densa di vivacità ed allegria, intensa ed incisiva.

Grande successo. Alle richieste di bis, Latitudine 41 ha risposto con lo ‘Scherzo’ del trio n.1 di Saint Saens composto trent’anni prima del secondo.


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