Skip to main content

In Libia serve il metodo Petraeus. Report Cesi

Brano estratto dal report “Analisi delle possibili soluzioni alla crisi in Libia” del Centro Studi Internazionali

Non è possibile immaginare alcuna iniziativa che preveda l’uso della forza senza avere una precisa strategia politica e una road map per il dialogo nazionale. Nonostante le mal celate simpatie di una parte della Comunità Internazionale e di molte Cancellerie europee per il Generale Haftar e per il governo di Tobrouk, non è possibile pensare ad un qualsivoglia processo di dialogo politico libico internazionalmente riconosciuto che non includa i rappresentanti dei due parlamenti, i leader miliziani moderati e i leader tribali del sud del Paese, soprattutto quelli appartenenti ai gruppi Tuareg e Toubou, indispensabili per la pacificazione dei territori centrali e meridionali del Paese. In questo senso, il coinvolgimento delle tribù e dei poteri locali appare imprescindibile, poiché avrebbe l’obbiettivo di privare il network jihadista legato allo Stato Islamico di quel supporto sociale indispensabile per la conduzione delle proprie operazioni. In questo senso, la Comunità Internazionale potrebbe ispirarsi alla strategia della formazione dei Consigli del Risveglio in Iraq nel 2005. In quell’occasione, con una felice intuizione, il Generale Petraeus, Comandante della coalizione multinazionale in Iraq, favorì la formazione di una rete di milizie sunnite, alleate alle forze occidentali, in opposizione ad al-Qaeda in Iraq.

Tali analisi e prospettive tendono ad escludere categoricamente l’ipotesi di un governo libico in esilio che, da qualche illustre sede all’estero, cerchi di stabilizzare il Paese senza alcun rapporto con le forze in campo e a centinaia di km di distanza. In questo senso, il rischio più grande sarebbe ripetere l’errore fatto, a suo tempo, con l’opposizione siriana ad Assad, riconosciuta come “la vera voce del popolo libero”, ma confinata in un anonimo ufficio in Turchia, senza alcun peso politico rilevante.

Infine, ponendo l’accento sul rischio jihadista e sulla situazione a Derna, un eventuale accordo con le comunità Tuareg e Toubou priverebbe le milizie legate ad IS di quel sostegno tribale, sia in termini di miliziani che in termini di sfruttamento della rete criminale e finanziaria legata ai traffici illegali, che costituirebbe la spina dorsale di qualsiasi iniziativa ostile dal respiro nazionale.

Clicca qui per leggere il rapporto completo sul sito del Cesi


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter