Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Marino Longoni apparsa su Italia Oggi.
Il regime dei nuovi minimi avrebbe dovuto essere un baluardo di semplificazione e un grande regalo fatto ai contribuenti anche in termini di riduzione del carico fiscale. Così era stato presentato dal presidente del consiglio Matteo Renzi e dai suoi ministri. Invece si sta rivelando una stangata, soprattutto per i professionisti, che già potevano accedere ad un più conveniente regime dei minimi fino al 31 dicembre 2014. Anche dal punto di vista della semplificazione, sembra che il risultato sia stato mancato clamorosamente. Ne è prova il fatto che la maggior parte dei quesiti arrivati durante e dopo il videoforum di Italia Oggi del 22 gennaio sulle novità fiscali del 2015, riguardavano proprio il nuovo regime forfettario.
Su twitter la protesta gira al grido di #malusrenzi.
Lo stesso capo del governo, dopo aver annunciato la riforma come un grande regalo alle partite Iva ha riconosciuto l’errore annunciando che: “Faremo un provvedimento ad hoc”. Quando? “Nei prossimi mesi”. Pochi giorni dopo ha fatto un mea culpa: “È il mio autogol più grande”, seguito a ruota dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “La norma è scritta male”. Il viceministro dell’economia, Luigi Casero, ha assicurato a ItaliaOggi che un passo indietro sarà fatto con il decreto legislativo sulla semplificazione fiscale (quello con la depenalizzazione per le frodi fiscali di importo inferiore al 3% dell’imponibile) che sarà riesaminato dal consiglio dei ministri il 20 febbraio. E’ probabile che vengano spostate al rialzo le soglie di accesso che in alcuni casi sono troppo basse, e ridotte le aliquote che spesso sono penalizzanti.
Basti pensare che per i professionisti si è scesi da un tetto dei ricavi di 30 mila euro a quello attuale di 15 mila, mentre l’aliquota è triplicata: dal 5% (del reddito) al 15% (sul 78% dei ricavi). Non è un caso se negli ultimi due mesi del 2014 si è assistito ad una vera e propria corsa all’apertura della partita Iva, per poter beneficiare del regime più favorevole, che avrebbe chiuso i battenti a fine anno. Peccato che dopo l’esame del 20 febbraio il provvedimento debba ancora essere esaminato dal parlamento, ritornare in consiglio dei ministri ed essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ben che vada passeranno ancora due mesi. Nel frattempo i professionisti e i lavoratori autonomi vengono abbandonati ai propri dubbi.
I problemi maggiori sono quelli di chi ha già un altro reddito, come pensioni, collaborazioni, lavori part time ecc. Con il vecchio regime non c’era problema, ora invece deve essere prevalente il reddito dell’attività che si vuole iscrivere nel nuovo regime forfetizzato. Se non è prevalente occorre che la somma delle due attività non superino i 20 mila euro. Altri problemi riguardano i lavoratori che hanno modificato la propria attività. In questo caso la norma non dice nulla, ma in via analogica si potrebbe arrivare alla soluzione di considerare solo l’attività con il redito più elevato. Chi ha aperto la partita Iva a fine anno ha il problema di dover dimostrare di aver già iniziato l’attività nel 2014. Non sono questioni teoriche: se un professionista o un artigiano devono emettere fattura, acquistare un bene strumentale o compiere altre operazioni vorrebbero sapere come muoversi, se applicare l’Iva o meno, per esempio, senza dover poi magari scoprire di non avere i requisiti per accedere al regime forfetizzato e dover essere costretto a richiedere al cliente la restituzione dell’imposta.
Il governo sembra non rendersi conti dei problemi che sta creando con interventi raffazzonati e annunci di future modifiche. Come farà un contribuente a cambiare regime una volta che siano stati modificati in corso d’anno i requisiti per l’accesso? Se per esempio ha già emesso fatture in regime ordinario come farà a rientrare nel regime dei minimi che gira con regole molto diverse?
Forse non ce ne siamo accorti e siamo entrati nell’era del disordine creativo. Ma l’impressione è che chi sta alla guida della politica fiscale (ammesso che ci sia qualcuno alla guida) abbia le idee poco chiare.