Nei tre giorni dei lavori dell’assemblea elettiva, l’errore del Cavaliere è stato quello di ragionare con la pancia o, se preferite, con le palle e non con la testa. Un fine ed esperto imprenditore, avvezzo alle questioni della politica, peraltro protagonista indiscusso della medesima negli ultimi venti anni, dovrebbe sapere che è buona norma non prendere mai decisioni quando si è arrabbiati, quando la mente è offuscata dal quel mix di orgoglio e risentimento che la presunzione di aver subito un torto inevitabilmente comporta.
Come in una partita di calcio, capita anche ai fuoriclasse di sbagliare un rigore, figuriamoci nelle gare della politica dove oltre al talento ed al fiuto, conta anche e soprattutto il vigore fisico rappresentato dal numero di voti, ovvero dal peso che la propria squadra ha nel corso di una votazione in quell’arena che è il Parlamento.
Probabilmente il nuovo Presidente della Repubblica non rappresentava la prima scelta di entrambi. Forse avrebbero preferito un altro possibile candidato, presumibilmente nei contatti riservati avevano addirittura condiviso un nome. Dietrologie se ne sono dette e scritte molte, ma tant’è, il Premier ha fatto le sue lecite considerazioni, avulse da quei noiosi e stucchevoli principi del politicamente corretto, facendo in modo che i suoi principali avversari – la minoranza Pd – lavorassero per lui e realizzando così un capolavoro personale che lo rafforza, aiutandolo peraltro nelle prossime questioni e rapporti con gli altri leader europei. Spregiudicato? No, semplicemente consapevole della sua forza. E va bene così.
Quindi, eletto un galantuomo che peraltro in queste prime ore del suo mandato pare dimostrare di possedere quella intelligenza ed equidistante sensibilità richiesta dalla carica, passata la buriana, il famoso – o famigerato a secondo delle diverse sensibilità – patto del Nazareno reggerà ancora, i due avversari amici continueranno (in questa o più maliziosamente nella prossima legislatura) a dialogare e a lavorare insieme fino a realizzare il progetto riformista condiviso che, se non tutto almeno in gran parte rappresenta quello voluto e non compiuto dal Cavaliere. Ed una volta concretizzato, ognuno per la sua strada: probabilmente, ma forse anche no.