Skip to main content

Quale soluzione per la crisi in Ucraina?

Sono ore cruciali per il destino dell’Ucraina. Il Summit dei “quattro” (Merkel, Hollande, Putin, Poroshenko), sembra aver raggiunto l’accordo per il rilancio degli accordi di Minsk. Secondo alcune indiscrezioni, i punti concordati prima del vertice riguardavano un immediato cessate il fuoco (che sarà effettivo dal 15 Febbraio), e la creazione di una zona demilitarizzata più ampia di quella di 30 km (15 per parte) prevista dagli accordi precedenti, con il ritiro di tutte le armi pesanti. Al momento non è dato sapere quali saranno i meccanismi di controllo della tregua, né se è stata raggiunta un’intesa più ampia. C’è ancora tanto da fare. Di certo quanto fatto finora non può bastare. Gli accordi di Minsk, oltre ad essere concordati, vanno anche attuati dai rispettivi attori in campo. Essi infatti servono solo a congelare il conflitto, in attesa di un processo di pace che, auspico, si apri al più presto. Finora, la gestione della crisi ucraina è apparsa, oltre che ambigua, priva di strategia da parte dei paesi occidentali. Ad oggi, sembra che solo i paesi del nord Europa vogliano fronteggiare le mire del nuovo “zar” russo.

Obama, continua ad avere l’illusione che continuando a far la voce grossa, la Russia prima o poi si arrenderà. La Gran Bretagna parla, ma non agisce. La Francia oscilla tra la storia che la porta verso la Russia, e la confusione del suo presidente, che da una parte è intento a riportare il suo paese al centro dello scacchiere mondiale, dall’altra sembra accorgersi di non avere (almeno per il momento) i mezzi per farlo. La Germania è indecisa tra gli interessi economici, che l’avvicinano a Mosca, e quelli geopolitici che la vorrebbero paladina di un’ emancipazione dell’Est europeo, sotto la sua bandiera. L’Italia, che aveva cercato di sdoganare Putin durante i primi anni di Berlusconi al governo, adesso non ha carte da giocare, complice anche la sua fragilità economica ed istituzionale. A questo si aggiunge l’inconsistenza del ruolo dell’Alto rappresentante europeo per la politica estera, che ricorda (se mai ce ne fosse bisogno) come     l’Unione Europea abbia ancora molta strada da fare, prima di potersi affermare come unico soggetto a livello internazionale.

E’ chiaro di come Putin voglia espandersi fino a riconquistare il controllo, sempre più diretto, di quel che apparteneva all’Unione sovietica dopo la seconda guerra mondiale. Di certo la Russia non ha al momento la forza, sia economica che militare, per ritornare nel prossimo futuro una grande potenza, ma è innegabile che l’atteggiamento di incertezza sul da farsi dell’occidente, stia favorendo il ritorno sulla scena globale di Mosca. Gli accordi per il gas con la Cina, il raggiungimento dell’accordo per la costruzione di centrali atomiche in Egitto, il costante confronto con Iran e Turchia, sono esempi di come in futuro si possa creare un “blocco”, formato da quei paesi riluttanti alla leadership americana, che si contrapponga a quest’ultima e ai suoi alleati. Una nuova cortina di ferro sta calando così sull’Europa, perché è inutile negare che molti Paesi limitrofi alla Russia, che oggi si sentono (solo) minacciati, possano finire per piegarsi un giorno alle volontà di Mosca. Il grande progetto di un’Unione europea che si espande a est, sta collassando, fermato dal “risveglio” del nazionalismo russo. Raramente l’europeismo ha attraversato un momento peggiore.

Di fronte a questa Russia non c’è alternativa al contenimento. Il quale a sua volta ha bisogno non solo di deterrenza militare, ma di un obiettivo strategico. Bisogna chiarirsi sul confine da non superare, su cosa si può negoziare e su che cosa invece non si deve mollare, riconoscendo gli interessi legittimi di Mosca, ma togliendo subito dal tavolo quelli che legittimi non sono. Inoltre, occorre adoperarsi affinché i Paesi di confine siano solidi economicamente, oltre che ben gestiti politicamente. Una nuova guerra fredda? E’ forse già cominciata, solo che gli europei rifiutano di crederlo e gli americani non sono ancora attrezzati per sostenerla. E certo però che se si continua di questo passo, gli uni e gli altri avranno un terribile risveglio.

Questo articolo è stato pubblicato su “Il 10 Magazine” in data 12/02/2015 :



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter