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Renzi fa Guerra all’Agenzia Digitale di Poggiani?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori e dell’autore pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su MF/Milano Finanza

L’accelerazione l’ha impressa il miglior elemento nella squadra dei consiglieri del premier, Andrea Guerra. L’ex amministratore delegato di Luxottica, che lavorando per davvero nel mercato globale ha potuto capire quanto sia importante oggi la tecnologia per competere e offrire servizi innovativi, una volta sbarcato, a ottobre, a Palazzo Chigi ha impiegato poche settimane per capire che la politica cosiddetta digitale del governo non sarebbe andata da nessuna parte.

Competenze frammentate; nessun dirigente di vertice con un vero curriculum di mercato internazionale; una tendenza a comunicare più che ad analizzare e pianificare vere trasformazioni; una visione prevedibile sul futuro, mentre il resto del mondo corre senza tregua soprattutto su queste tematiche.

Basti pensare che la nuova responsabile delle politiche digitali negli Usa, Megan Smith, che opera alle dirette dipendenze di Barack Obama, è un duplice ingegnere del Mit di Boston con esperienze da top manager nelle più importanti società della tecnologia del pianeta. Prima in Apple nella divisione prodotti multimediali, poi in Google come responsabile dei nuovi business: Picasa, Google Maps e Google Earth.

Non deve essere servito molto, quindi, allo staff dei consiglieri di Palazzo Chigi per convincere Matteo Renzi che era necessario cambiare spartito e archiviare le scelte, per la verità tutte imputabili alla ministra Marianna Madia e ai giochini di potere interni al Pd romano, inadeguate rispetto ai bisogni riformisti dell’Italia.

L’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, figlia di troppe trasformazioni del recente passato e ferma a parole d’ordine stereotipate, uscirà di scena. Sarà rottamata dal Premier rottamatore che riporterà gran parte delle sue competenze, alcune residuali saranno riassegnate ad altre entità pubbliche, all’interno di una nuova struttura operativa alle sue dirette dipendenze e che sarà affidata a un supermanager di mercato, meglio se ha anche lavorato all’estero con qualche colosso tecnologico internazionale, in fase di selezione. A lui sarà affidata la trasformazione tecnologica della pubblica amministrazione e non solo.

Finalmente l’Italia avrà una politica Ict degna della dimensione della sua economia e compiutamente in grado di agire da moltiplicatore dello sviluppo economico, migliorando la produttività complessiva del sistema, e da abilitatore della trasformazione culturale italica.

L’Italia deve assorbire nel suo dna sociale la consapevolezza che l’innovazione tecnologica è un bene comune capace di creare esternalità positive e nuove opportunità collettive. Per riuscirci è importante che l’esempio venga in primis dall’alto. Ecco perché la rottamazione dell’Agid è cosa buona e giusta.


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