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Ritorno alla realtà. Smentita l’ideologia di gender

Due notizie recenti, entrambe manco a dirlo sottaciute dal maistream mediatico-culturale, che rappresentano una sonora smentita di altrettanti luoghi comuni della variegata galassia che si rifà all’ideologia di gender. Prima notizia: in bambini cresciuti da coppie omosessuali o lesbiche, “i problemi emozionali sono prevalenti per oltre il doppio rispetto ai bambini che sono allevati in famiglie eterosessuali”. Lo afferma uno studio pubblicato di recente sul British Journal of Education, Society & Behavioural Science. In realtà la notizia è solo relativa, perché è un po’ come dire che l’acqua è calda. Ma a differenza di altri studi (solo negli ultimi venti anni ne sono usciti oltre sessanta) che pure dicono la stessa cosa, questo ha una particolarità: il sociologo dello U.S National Health Interview Survey, Paul Sullins, ha esaminato un campione di oltre 200.000 bambini, di cui 512 bambini allevati da coppie gay, un numero davvero notevole se si tiene conto del fatto, come ha sottolineato Tommaso Scandroglio su La Nuova Bussola Quotidiana, che negli Usa la percentuale di bambini che vivono con una coppia di persone dello stesso sesso è dello 0,005% rispetto ai bambini che vivono con un papà e una mamma. Ma ancora più interessanti sono i risultati della ricerca. Da cui emerge chiaramente come chi viene cresciuto da una coppia omosex manifesta svariati problemi caratteriali quali comportamenti scorretti, stati d’animo inclini alla preoccupazione, depressione, rapporti conflittuali con i coetanei e incapacità di concentrazione. Non solo. Sullins dice anche un’altra cosa, che dovrebbe far riflettere i sacerdoti del Pensiero Unico gay friendly: “il vantaggio principale del matrimonio per i bambini non può essere ricercato nel fatto che questo tende ad offrire a loro genitori migliori (più stabili, finanziariamente benestanti, ecc, anche se questo poi nella realtà accade), ma che li presenta come loro genitori”. Chiaro no? Il punto decisivo a vantaggio della famiglia eterosessuale non sta nel fatto che papà e mamma sono migliori di tizio e caio, quanto nel fatto che sono papà e mamma: non c’è confronto. E ancora, la famiglia tradizionale è in grado di offrire maggiore stabilità, sia perché le persone omosessuali sono affettivamente e sentimentalmente più ondivaghe, sia perché tendono ad essere perenni migranti spostandosi da un luogo all’altro. Tutti fattori che, ovviamente, non giovano alla crescita sana dei bambini. Dulcis in fundo, per chi volesse trastullarsi nello sport più in voga di questi tempi, ovvero rigirare la frittata e dire che se questi bambini soffrono è a causa del solito orco omofobo, ecco pronta la risposta di Sullins: “Contrariamente all’assunto sotteso a questa ipotesi, i bambini con i genitori di sesso opposto sono presi di mira da altri e finiscono per essere vittime di bullismo più di quelli che hanno genitori dello stesso sesso”.
E veniamo alla seconda notizia, questa volta proveniente da uno dei paesi considerati all’avanguardia della civiltà, la Norvegia. Dove nel 2011 (e già il fatto che la notizia sia uscita solo ora la dice lunga) il Consiglio dei ministri ha sospeso i finanziamenti al Nordic Gender Institute, da sempre fiore all’occhiello dell’ideologia gender. Motivo? Un documentario girato dall’attore e sociologo Harald Eia, e trasmesso sulla tv nazionale, intitolato “lavaggio del cervello”, che fa a pezzi la presunta “scientificità” della suddetta teoria gender (che non a caso chi scrive definisce ideologia). In particolare, l’assunto di partenza o se volete il fondamento che regge tutta l’impalcatura gender, secondo cui l’essere maschio o femmina non dipende dal dato biologico, di natura, ma da consuetudini imposte dall’ambiente culturale. Detto altrimenti: sei tu che decidi ciò che vuoi essere, il sesso con cui nasci non conta nulla. Non vi sarebbe insomma alcunché di innato nell’essere maschio o femmina, ma tutto è lasciato alla libera determinazione degli individui. Peccato però che da una ricerca di una studiosa dell’Università di Oslo, incontrata da Eia, risulti come nonostante decenni di politiche all’insegna della parità di genere, uomini e donne continuano a comportarsi da…uomini e donne. Prova ne sia che il 90% degli infermieri sono donna e il 90% degli ingegneri, uomini. È quindi falso che laddove si ha più libertà di scelta, diminuiscono le differenze; al contrario, queste non solo restano ma si consolidano. Segno evidente – parafrasando Totò – che maschi e femmine si nasce.


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