L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Come ricordano Adriano Favoli e Stefano Allovio, i costituenti richiamarono il concetto di razza per ragioni antidiscriminatorie, in un’epoca in cui esso godeva ancora un certo credito scientifico (“La Lettura”, supplemento del Corriere della Sera, 1 febbraio).
Ormai da decenni, invece, antropologi e genetisti non smettono di avvertirci sul fatto che la nozione di razza non ha più diritto di cittadinanza nella scienza. È per questo che alcuni di loro recentemente hanno chiesto, anche attraverso una lettera aperta alle più alte cariche dello Stato, di seguire l’esempio della Francia, la cui Assemblea nazionale ha approvato nel 2014 la proposta di eliminare il termine dalla Costituzione e da ogni documento pubblico.
Sconfitta dalla scienza, infatti, la nozione di razza resta ben presente nell’immaginario collettivo e nella retorica delle forze che con la lotta ai “diversi” cercano di lucrare un miserabile consenso di voti. Ovviamente, abolire il termine “razza” non significa abolire il razzismo. Ma servirebbe a ricordare che, dal punto di vista genetico, la razza è un’invenzione terribilmente pericolosa per il suo potenziale discriminatorio e violento. L’antisemitismo è un caso paradigmatico.
Domani si insedia nel Palazzo del Quirinale Sergio Mattarella, un cattolico democratico chiamato – come ha voluto sottolineare Matteo Renzi – a tutelare sia la lettera che i necessari aggiornamenti della Carta del 1948. Probabilmente non sarà in cima ai pensieri del nuovo Inquilino del Colle e dello stesso premier, ma stralciare quella parola dalla nostra Legge fondamentale avrebbe comunque un alto valore simbolico. Inoltre, come osservano Favoli e Allovio nel loro articolo, potrebbe dare sostegno a un’azione culturale e formativa contro ogni forma di pregiudizio, che è ancora sostanzialmente assente nelle scuole del Belpaese.