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Come si sono mossi i Servizi segreti italiani nel 2014

Il criterio principale per distinguere le buone dalle cattive operazioni è, in tutti i comparti della vita privata e pubblica, la misurabilità. Il successo di un’azienda è indicato dal suo bilancio. La vittoria di uno sportivo si misura col cronometro. Il dilemma dell’intelligence è invece storicamente quello di una oggettiva difficoltà nel misurare la sua azione e, dunque, i suoi successi. Lo rende ben chiaro il capitolo della relazione annuale sull’attività del comparto intelligence trasmessa al Parlamento, nel quale si evidenzia la natura sempre più asimmetrica delle minacce alla nostra sicurezza nazionale. Jihad militante, cybercrime, cambiamento del paradigma economico–finanziario, rottura della coesione sociale sono altrettanti aspetti di una sicurezza che si atomizza e che richiede preparazione, flessibilità, capacità di adattamento.

La sfida posta dalle minacce asimmetriche è quindi, innanzitutto, una sfida culturale. L’intelligence è chiamata a prevenire e scongiurare pericoli che mutano in continuazione e che si nascondono spesso nelle pieghe di un sistema di sicurezza molto articolato.
La risposta dunque deve essere innanzitutto metodologica e organizzativa. La relazione sottolinea i principali punti di forza dell’evoluzione più recente del sistema di sicurezza nazionale. In primo luogo, la piena sintonia con la politica, ovvero con il decisore ultimo. E’ una sottolineatura non banale e non di poco conto. Troppo spesso in passato la discrasia tra politica e intelligence è stata alla base di alcune falle nel nostro sistema di sicurezza: l’intelligence può produrre le migliori analisi possibili ma spetta poi alla politica leggerle, valutarle, decidere. Se si interrompe questo circuito “S-D-A” (See, Decide, Act) l’intelligence non funziona. Sarebbe come perdere d’un colpo gli occhi e pretendere che le mani affondino il colpo giusto.

Questa accresciuta sintonia con le istituzioni politiche trova la sua palestra nel Cisr, un organismo che è ormai il precursore di un prossimo, molto auspicabile, Consiglio per la Sicurezza Nazionale.
Inoltre, anche grazie al rafforzamento del ruolo del Dis, oggi i nostri Servizi sanno come “colpire compatti”: unitarietà di obiettivi e convergenza di azione danno oggi un senso compiuto al dibattito, durato troppo a lungo, sull’opportunità di avere due agenzie di intelligence, coordinate da un Dipartimento, piuttosto che un unico Servizio.
Un tema delicato e trattato nel capitolo della relazione è quello delle risorse. E’ stato e sarà ancora per un po’ tempo di spending review anche nei Servizi. Ma colpisce davvero l’importanza di un passaggio della relazione: tutti i “dividendi”, ovvero i risparmi ottenuti dai tagli, sono stati reinvestiti in innovazione tecnologica. Questo è un punto essenziale: pur restando centrale il fattore umano, oggi è impossibile immaginare un’intelligence efficace senza un’adeguata dotazione tecnologica.

Ultimo punto di grande novità, la comunicazione. Il sito www.sicurezzanazionale.gov.it riceve ormai stabilmente quasi 150mila visite mensili ed è un punto di riferimento anche per chi, amatore o analista, ha interesse per le tematiche geopolitiche, economiche e storiche. Non si contano poi le candidature spontanee, attraverso l’invio dei curricula, di giovani che ambiscono a far parte del nostro sistema di sicurezza nazionale. E’ una buona notizia non soltanto perché “essere James Bond” è ancora un sogno che accomuna i più giovani, ma anche perché evidentemente la pervasività delle nuove minacce responsabilizza noi tutti e ci fa sentire parte di un disegno collettivo più grande.
Per il futuro rimangono aperte ancora molte sfide. La principale? La fiducia, sottolinea la relazione. La fiducia tra istituzioni ma anche quella tra intelligence e cittadini. Che è poi parte di un tema più grande: ritrovare un senso di orgoglio nazionale e riscoprire che tra Istituzioni e cittadini può esserci un clima di nuova costruttiva sintonia.


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