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Terrorismo e video sorveglianza, la lezione di Copenaghen

Il recente attentato terrostista a Copenaghen ha portato nuovamente alla ribalta non solo il problema del jihadismo, ma anche il dibattito sui diritti civili e in particolare del rispetto della privacy.

La fitta rete di videocamere di sorveglianza che ricopre strade e taxi – ha notato il Wall Street Journal – è veramente una potente arma a disposizione della polizia.

Il cinema ha reso con evidenza l’utilità di tale strumento a disposizione dell’antiterrorismo nel monitorare clandestini sospetti, già nei primi minuti del film La spia. Probabilmente non è un caso che l’ex agente segreto e oggi scrittore di successo, John Le Carré, abbia ambientato il romanzo alla base di tale opera in Germania, che con la Danimarca confina.

La fantasia dunque sfiora la realtà se è vero – come ha ricostruito il WSJ – che le videocamere hanno permesso alle autorità danesi di mettere insieme i tasselli delle 14 ore di fuga del suspect shooter per le vie di Copenhagen molto rapidamente.

Strøget (la passeggiata al centro della capitale) con il sistema di sorveglianza della polizia, le videocamere delle banche, dei negozi, degli edifici privati, quelle del sistema di trasporto di Copenhagen: fanno tutte “rete” nei momenti di crisi come quella di questi giorni, diventando uno strumento nelle mani delle autorità.

Il WSJ ha pure ricordato che la polizia – già quattro ore dopo il primo attacco – è stata in grado di fornire un’utile descrizione con foto del sospettato. Circa 125 persone avrebbero quindi fornito osservazioni utili nella caccia all’uomo. Persino la corsa in taxi del ricercato verso un appartamento nella zona nord della città è stata “videosorvegliata”.

L’efficienza danese nell’uso dei sistemi di sorveglianza è notevole, soprattutto se confrontata con i tempi lunghi riscontrati nel caso delle bombe del 2013 alla maratona di Boston: l’FBI usò foto di privati e registrazioni dei sistemi di videosorveglianza per ricostruire l’accaduto, ma solo dopo tre giorni diramò le immagini dei sospettati per cercare l’aiuto della popolazione nell’identificazione. Un altro caso citato dal WSJ è quello delle bombe di Londra del 2005: uno dei sistemi di sorveglianza con la più alta densità di videocamere al mondo, eppure occorsero quattro giorni e 100 poliziotti ad analizzare migliaia di ore di registrazioni per ricostruire l’accaduto. L’ulteriore analisi permise di costituire delle fonti di prova utili, arrivando addirittura a tracciare i movimenti precedenti gli attacchi.

Per un terrorista un sistema di sorveglianza (pubblico e privato) che “faccia sistema” può essere il vero deterrente, più del codice penale.

Ma, soprattutto, un sistema come quello danese può, per gli esperti, fare la differenza e fermare per tempo la fuga e impedire l’eventuale immediata reiterazione degli attacchi terroristici.



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