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Che succede tra Turchia, Libia e Stato Islamico?

Erdogan huawei

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il governo libico riconosciuto di Al Thani ha annullato ieri tutti i contratti bilaterali con la Turchia, accusandola di essere il paese promotore del terrorismo attraverso il riconoscimento del Consiglio Nazionale Libico e di agire con fazioni armate contro la stabilizzazione del paese insieme al Qatar. Ovviamente, non ci vuole molto a comprendere che la Turchia è stata la promotrice delle primavere arabe “alla turca”, ossia il piano di ristabilire una supremazia dell’islam moderato mediante il governo dei Fratelli Musulmani in Egitto, Tunisia, Libia e in Siria. Il discorso di Erdogan e l’accoglienza riservatagli a piazza Tahrir dovrebbe divenire una lettura costante da parte degli analisti geopolitici per comprendere l’evoluzione del terrorismo tra Iraq, Siria e Libia, nonché le rimodulazioni degli assetti geopolitici in Europa e tra i paesi dei Balcani e del Mar Nero che vi aspirano.

MONDO OTTOMANO 

Il piano di “Profondità Strategica”, congegnato dall’attuale premier turco Davotoglü, prevedeva una rinascita delle politiche diplomatiche ed economiche attorno al mondo “ottomano”, quello decaduto dall’arrivo del padre della Patria, il generale Atatürk. La riconquista della via della seta turcomanna, la messa in sicurezza energetica e militare tra Cipro, Iraq e Siria, la rivalutazione delle politiche industriali tra Libia e Tunisia, il condizionamento culturale ed economico sui Balcani sono le parti fondamentali del piano strategico neo ottomano di Erdogan.

LE COLPE DELLA GERMANIA

L’errore strategico comunque è partito dall’Unione Europea, con la Germania in prima linea a voler impedire i negoziati di partenariato e i colloqui di ammissione, che non ha voluto comprendere che la forza della democrazia laica turca sarebbe venuta meno con i blocchi e i veti della debolezza politica economica interna del nord Europa, terrorizzati dal condizionamento politico dei turchi emigrati di seconda generazione e dalla islamizzazione europea di massa.

È del tutto evidente poi, che la Nato si troverà entro breve a decidere se mantenere la Turchia all’interno dell’Alleanza atlantica. La notizia di Reuters di tre giorni fa, che confermava l’interesse turco per il sistema missilistico cinese a difesa dei propri confini a scapito delle offerte europee e statunitensi, sosteneva quanto siano venute meno le collaborazioni tra alleati.

IL RUOLO DELLO STATO ISLAMICO

Un compromesso con l’IS la Turchia l’ha trovato. Gli serve per scacciare il sogno nazionalista curdo, aiuta le industrie petrolifere e i signori dei traffici turchi nel maneggiare le riserve di Mosul e Kirkuk generando utili al Califfato, influenza e minaccia il nemico storico Assad mediante gli scorrazzamenti delle truppe all’interno del paese e cofinanziando le milizie “moderate”, utilizza le sue sigle tra Egitto, Tunisia e Libia per proteggere insieme al Qatar gli interessi economici e industriali delle Fratellanze Musulmane, ed infine condizionare i tavoli diplomatici negoziando al rialzo una exit strategy degna del proprio peso geopolitico.

DEMOCRAZIA TURCA

Questo gioco all’intreccio delle posizioni negoziali non porterà lontano la democrazia turca. Ieri il parlamento a maggioranza AKIP ha approvato una serie di norme che rafforzano senza alcun vincolo di controllo parlamentare e democratico le attività dell’agenzia di intelligence MIT, libera quindi con il Gen. Fidan di porre in essere tutte le attività necessarie al contenimento delle minacce e al rafforzamento delle strategie a medio e lungo termine della propria sicurezza nazionale. Le risse in Parlamento ormai sono all’ordine del giorno. I cinguettii su Twitter di una fonte autorevolissima mettono fuori gioco le uscite dichiarazioni e le decisioni del presidente Erdogan, generando sconcerto e panico tra i membri del governo, il cui nervosismo oramai ha conquistato tutti i vertici della magistratura e quelli religiosi.

ALLEANZA RUSSA

Pur avendo rafforzato da un lato l’asse energetico con la Russia, mediante l’accordo sul South Stream II, e rafforzato l’asse economico con l’Iran e i paesi della ex galassia USSR tra Mar Nero e Mar Caspio, la Turchia rischia di collidere con il rafforzamento diplomatico e militare del programma russo sul Mediterraneo, che la vede pro Assad in Siria e pro Al Sisi in Egitto e Libia, nonché con il silente contrasto politico militare e strategico con Israele, che risale alla lotta per i giacimenti petroliferi e gas naturale ciprioti, che direttamente potrebbero far deflagrare la situazione politica in Libano e Palestina.

POLITICA ESTERA

I paesi europei stanno mostrando il loro volto. La Francia, primo fornitore militare del Qatar e venditore di Raffaele appena due giorni dopo l’incursione egiziana in Libia, è uno dei paesi sostenitori del riconoscimento della Palestina in parlamento, insieme ad alcuni paesi neutrali quali Svezia e Finlandia. La stessa GB rischia di subire un cambiamento della propria politica estera condizionando la Turchia nel contenere la Russia sul Mediterraneo e fronteggiandola con le sanzioni per le incursioni aeree sul baltico e nella Manica.

Nei Balcani, in Kosovo e Bosnia in particolare, hanno ripreso una forte migrazione verso l’Europa. La corruzione e la preponderanza culturale dei musulmani sunniti, finanziati in buona parte dalla Turchia, stanno mettendo a rischio la tolleranza civile finanziando programmi culturali di revisione della storia del periodo ottomano con pubblicazioni, convegni e social media. Le stesse contraddizioni economiche e strategiche degli stati balcanici dipendono dagli equilibri UE- USA – Russia, con Serbia e Grecia penzoloni in base ai negoziati economici in atto.

E L’ITALIA?

L’Italia come potrebbe fronteggiare la Turchia nel Mediterraneo quando ha tutti gli alleati contro? Non resta che affrontare in silenzio lo sbroglio della matassa con pochi partner fidati e cercando di sopravvivere con i modelli forniti dalla storia, sempre che qualcuno la legga.

La Turchia intanto ha legato tutti per mani e piedi, a meno che qualcuno prometta all’astro nascente di Erdogan, il delfino laico Fidan, che il futuro sorriderà agli intelligenti…


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