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Tutte le rivalità fra Zaia e Tosi per le regionali in Veneto

Il Corriere del Veneto qualche anno fa li definì i “puledri padani”. Era il novembre 2009, si inaugurava la Fieracavalli di Verona, Flavio Tosi e Luca Zaia ricoprivano rispettivamente le cariche di sindaco scaligero al primo mandato e di ministro dell’Agricoltura del governo Berlusconi; sfilavano tra le bestie equine stringendo mani e giurando sulla propria amicizia capace di trainare l’intera Regione. Ma la reciproca insofferenza iniziava già a scorgersi; troppo ingombranti l’uno per l’altro. Una rivalità oggi deflagrata nello scontro aperto per la leadership del Carroccio in Veneto, con Tosi pronto a mettere i bastoni tra le ruote a Zaia per la ricandidatura alla guida della Regione.

Dal 2009 però di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Tosi è stato rieletto sindaco di Verona e ha conquistato il partito regionale, divenendo segretario della Liga Veneta. Ma allora come adesso viene bollato come il leghista eretico; prima mal sopportato da Umberto Bossi, ora dal suo successore Matteo Salvini. E Zaia? A lui ha sempre e solo interessato fare il governatore del suo Veneto. La poltrona da ministro serviva solo per arrivare a Venezia. Per questo motivo, si è sempre tenuto a debita distanza dalle diatribe interne: schierato con Bossi quando c’era Bossi a comandare, con Roberto Maroni quando era il tempo delle scope e della macroregione el Nord, e adesso con Salvini che vuole la Lega lepenista e nazionalista nonostante Zaia sposi la battaglia per l’indipendenza del Veneto. Ma tant’è, l’importante per lui è non stare con Tosi. Il motivo? Gli fa concorrenza sul proprio campo, e a livello federale nella Lega conta troppo poco.

IL (PRIMO) PATTO NON RISPETTATO

Tutto inizia nel 2008 quando, come ha raccontato il sindaco veronese a Linkiesta, a casa di Roberto Calderoli viene stretto un patto con l’assenso del senatùr: Gian Paolo Gobbo, bossiano di ferro e all’epoca sindaco di Treviso, diventerà il segretario della Liga Veneta mentre a Tosi spetterà candidarsi nel 2010 a governatore del Veneto per sostituire il forzista Giancarlo Galan. Le cose però, come noto, non vanno del tutto così. Gobbo diventa il leader del Carroccio in Veneto ma a candidarsi alle regionali non è Tosi bensì Zaia, ex presidente della Provincia di Treviso, quindi nella terra dello stesso Gobbo che proprio nel 2012 lo lanciò come (improbabile) successore di Bossi alla guida della Lega dopo gli scandali dei diamanti in Tanzania. A quell’accordo mai rispettato, secondo la vulgata tosiana ne seguirono altri, tutti volti a penalizzare il sindaco di Verona. In particolare, quello ormai famoso stretto alla fine del 2013 nell’ufficio in Regione Lombardia di Maroni, accordo che individuava Salvini come segretario federale del partito e Tosi come uomo su cui la Lega avrebbe puntato per la leadership del centrodestra.

GLI SCREZI TRA IL SINDACO E IL GOVERNATORE

La guida del Veneto affidata a Zaia a furor di popolo (vinse le elezioni del 2010 con oltre il 60%) a Tosi non è mai andata giù. Doveva finirci lui su quella poltrona, ma il veto di Bossi non l’ha permesso. Da quel momento per i due “puledri” inizia una cordiale inimicizia, una guerra latente giocata dai rispettivi fedelissimi ma senza esclusione di colpi. Dalla lite sui cervi del Cansiglio che Zaia vorrebbe preservare mentre Tosi sta coi cacciatori, allo scontro sull’acquisto di azioni di Unicredit (dove azionista è Cariverona) da parte del fondo sovrano di Abu Dhabi, Aabar International, operazione avversata dal sindaco e approvata invece dal governatore. Fino a quando, nel 2012, Tosi si prende una piccola rivincita e diventa segretario della Liga Veneta proprio al posto del suo arcinemico Gobbo, e da quella poltrona può dare più fastidio allo storico rivale. Iniziano le epurazioni da parte del neo leader del partito regionale, la Treviso di Zaia l’anno dopo passa clamorosamente al Pd, alle politiche del 2013 la Lega fa flop a causa degli scandali e il governatore punta il dito contro la gestione del sindaco.

Coi fedelissimi di Tosi che lo intralciano in consiglio regionale, Zaia non sa più come comportarsi. Il segretario della Liga gli scatena contro anche alcuni sindaci veneti che nel novembre del 2013 scrivono al governatore imbufaliti per l’approvazione della legge regionale con cui viene tolto ai Comuni il potere di veto in materia urbanistica. Da cordiale inimicizia iniziale, la rivalità tra i due sta per sfociare in ben altro.

LO SCONTRO FINALE

Il culmine lo si raggiunge in queste ultime settimane, con Tosi che minaccia di candidarsi alle regionali contro Zaia dopo quello che ritiene l’ennesimo patto disatteso. In questo caso, però, c’è di mezzo Salvini che vuole avocare al federale, cioè a sé, le scelte sulla composizione della lista della Lega, sulla presenza delle liste civiche e sulle alleanze. Un modo per proteggere Zaia che di fare il governatore “azzoppato” e circondato da fedelissimi di Tosi non ne vuole sapere, motivo per cui rifiuta una lista civica legata al sindaco di Verona e – tramite Salvini – spinge per inserire il limite dei due mandati così da evitare la ricandidatura di diversi consiglieri regionali tosiani. Al suo fianco in questa lotta senza quartiere contro il ribelle scaligero scende in campo anche il sindaco salviniano di Padova, Massimo Bitonci, convinto che chi mette i bastoni tra le ruote a Zaia fa solo un favore al Pd. E Salvini? Da giorni ripete che Zaia non si tocca perché è il miglior governatore d’Italia. Con buona pace di Maroni.

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