Scade il 31 marzo il termine ultimo per presentare domanda per entrare come membri fondatori nella Asian infrastructure investment bank (Aiib), la banca di sviluppo asiatica lanciata e guidata dalla Cina, e i paesi che, dopo Uk, Germania, Francia e Italia, hanno fatto richiesta di ingresso si sono moltiplicati, con nomi anche di peso, tra cui il Brasile, la Russia, l’Australia e la Corea del Sud, che, nonostante le pressioni americane, hanno alla fine deciso di far parte di quella che molti considerano una potenziale potente rivale della Banca mondiale.
AIIB: FATTI E NUMERI
Secondo i dati pubblicati dal sito cinese di informazione finanziaria Caixin, l’Aiib, lanciata a ottobre 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, ha la sede a Pechino e un capitale di 50 miliardi di dollari che presto arriveranno a 100 miliardi (l’Asian development bank ne ha 165 miliardi); l’obiettivo è essere una banca di sviluppo multinazionale che dà supporto ai progetti infrastrutturali nei paesi emergenti dell’Asia. Quali tipi di progetti? Ferrovie, strade, aeroporti, porti, infrastrutture di telecomunicazione, edilizia sostenibile, gestione sostenibile delle risorse idriche. Assomiglia dunque a istituti come la Banca mondiale, la Banca di sviluppo asiatica Adb, la Banca africana di sviluppo, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Banca interamericana di sviluppo.
I MEMBRI DELL’AIIB
A ottobre 2014 avevano fatto domanda di ingresso nell’Aiib 21 paesi, tutti asiatici: oltre alla Cina, lndia, Bangladesh, Brunei, Cambogia, Kazakhstan, Kuwait, Laos, Malesia, Mongolia, Myanmar, Nepal, Oman, Pakistan, Filippine, Qatar, Singapore, Qatar, Singapore, Sri Lanka, Tailandia, Uzbekistan, Vietnam.
A gennaio 2015, si sono uniti Nuova Zelanda, Indonesia, Maldive, Tajikistan, Arabia Saudita; a febbraio 2015 sono arrivati nel gruppo anche la Giordania e Hong Kong ha annunciato la partecipazione.
La Corea del Nord aveva fatto quasi subito richiesta di ingresso ma la richiesta è stata altrettanto rapidamente respinta dal presidente ad interim della banca, Jin Liqun, che ha spiegato che la Corea del Nord non ha fornito dati accurati sulla propria attività economica e sullo stato delle proprie finanze, indispensabili per l’accettazione della domanda.
Il 12 marzo la “svolta”: entrano nell’Aiib le nazioni europee, prima la Gran Bretagna, poi Francia, Germania e Italia. “Le maggiori economie europee”, sottolinea Caixin.
L’INGRESSO DI RUSSIA E AUSTRALIA
Dopo l’Italia, e in vista della deadline del 31 marzo, le domande dei paesi per entrare come membri fondatori si sono susseguite rapidamente con l’ingresso nell’Aiib di Austria, Svizzera, Lussemburgo, Olanda, Danimarca, Spagna, Brasile, Georgia, Russia, Turchia e, infine, Corea del Sud e Australia. Taiwan ha per ora espresso “interesse” a entrare.
Il motivo principale che ha convinto l’Australia a dire sì è il riconoscimento delle enormi necessità di investimenti infrastrutturali della regione dell’Asia-Pacifico – e per l’Australia le infrastrutture sono una priorità, ha spiegato in una nota Canberra. “Lavorando a fianco dei maggiori istituti multilaterali come la Banca mondiale e l’Asian development bank, l’Aiib ha la possibilità di giocare un ruolo prezioso nel soddisfare le necessità infrastrutturali e nel far crescere l’economia nell’intera regione con potenziali benefici per l’Australia”. Secondo l’agenzia di stampa Xinhua, l’Australia potrebbe investire fino a 3 miliardi di dollari australiani (2,3 miliardi di dollari americani) nella nuova banca.
Anche il ministero sud-coreano delle Finanze ha dichiarato che l’Asia ha bisogno di una nuova fonte di investimenti per lo sviluppo nella regione perché gli attuali prestatori miltilaterali, come l’Adb e la Banca mondiale, non bastano a soddisfare la domanda di denaro da spendere nello sviluppo di infrastrutture in Asia. L’annucio di Seul ha subito fatto salire il valore delle azioni delle compagnie sud-coreane del ferro e dell’acciaio, ma il ministero delle Finanze sud-coreano ha chiarito che molte altre industrie trarranno vantaggio dalla partecipazione all’Aiib, come quelle delle comunicazioni, dei trasporti e dell’energia.
L’Asian development bank institute ha pubblicato uno studio nel 2010 che calcolava che la regione asiatica avrebbe avuto bisogno di 8.000 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali dal 2010 al 2020 per il suo sviluppo economico. In un editoriale di ottobre 2014 il Guardian scriveva che la nuova banca permetterà al capitale cinese di finanziare questi progetti e dare al paese un ruolo maggiore nello sviluppo economico asiatico commisurato al suo crescente peso politico ed economico.
Il ministro malese delle Finanze Ahmad Husni Handadzlah ha però chiarito, in nome dell’Association of Southeast Asian Nations (Asean), che il gruppo è ancora in attesa che la Cina presenti informazioni sulla “struttura e modello” dell’Aiib. Gli Stati Uniti hanno più volte ammonito i loro alleati a guardarsi dall’entrare in un istituto che non ha ancora fornito garanzie su come sarà strutturato e sugli standard in base ai quali opererà.
L’APERTURA (CONDIZIONATA) DEL GIAPPONE
Il Giappone si è inizialmente allineato alla posizione americana esprimendo forti dubbi sulla credibilità della banca di sviluppo che la Cina sta creando e che minaccia di ridurre l’influenza dell’Asian Development Bank. “Sarà in grado questa banca di assicurare una equa governance?”, ha indicato il Capo segretario di gabinetto giapponese Yoshihide Suga. “Terrà conto della sostenibilità dei prestiti o finirà per infliggere perdite ad altri creditori?”.
Tuttavia, qualche giorno dopo, il ministro delle Finanze cinese Lou Jiwei e il presidente della Adb Takehiko Nakao hanno rivelato di essersi già incontrati per discutere una possibile cooperazione. Lou ha anche spiegato che l’Aiib sarà complementare e non concorrente con altre istituzioni come l’Adb. E il ministro delle Finanze Taro Aso ha detto che sarebbe auspicabile che l’Aiib lavorasse insieme all’Ad nel soddisfare la crescente domanda di finanziamenti per opere infrastrutturali in Asia.
Aso ha tuttavia ribadito che “l’Aiib non ha ancora garantito trasparenza e niente è deciso su chi sia coinvolto, quale sia il consiglio esecutivo e chi valuterà i prestiti per ciascun progetto”; il Giappone continua a nutrire dubbi anche sulla sostenibilità del debito e sulla capacità dell’Aiib di rispondere dell’impatto sociale e ambientale dei progetti di sviluppo, e questo potrebbe avere un effetto sugli esistenti prestiti di Adb, Banca mondiale e altri istituti.
WASHINGTON SUI CARBONI ARDENTI
Washington non ha certo gradito l’ingresso dei paesi europei nell’Aiib. La prima reazione è stata di invitare gli alleati a “pensarci due volte” prima di firmare il loro ingresso definitivo nella rivale della Banca mondiale. Il segretario americano al Tesoro Jacob Lew ha messo in dubbio la governance del nuovo istituto: “Quello che ci preoccupa è se aderirà agli alti standard che gli istituti finanziari internazionali hanno sviluppato. Proteggerà i diritti dei lavoratori e l’ambiente, affronterà in modo adeguato il problema della corruzione? Spero che prima che venga ratificato l’impegno finale, chiunque voglia legare il proprio nome a questa organizzazione si assicuri che questi temi siano adeguatamente affrontati”.
In un secondo momento tuttavia, l’amministrazione Obama ha dovuto ammorbidire la posizione. Secondo il Wall Street Journal l’amministrazione Obama avrebbe proposto che l’Aiib lavori in alleanza con gli istituti sponsorizzati da Washington, come la Banca mondiale. Obama vorrebbe usare le esistenti banche di sviluppo per co-finanziarie con l’Aiib i progetti infrastrutturali. Questo sostegno indiretto garantirebbe la sostenibilità nell’accumulo dei debiti, il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente, ma anche aiuterebbe le aziende americane a entrare nei progetti infrastrutturali finanziati dall’Aiib.
Gli Stati Uniti non hanno altra scelta che evitare scontri diretti con l’Aiib: parlando all’apertura del China Development Forum a Pechino, persino il direttore del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde ha detto che il fondo sarebbe “felice” di cooperare con l’Aiib. La Lagarde ha affermato che ci sono ampi spazi per collaborare e che ritiene che anche la Banca mondiale potrebbe cooperare con l’Aiib.
COMPLICATI GIOCHI DI POTERE
Natura e obiettivi della banca di sviluppo cinese sono ancora lontani dall’essere del tutto chiariti. E anche se molti hanno letto la creazione dell’Aiib come una risposta della Cina al peso inadeguato concessole dentro il Fmi, con la mancata riforma dei diritti di voto, un editoriale del Financial Times ricorda che la situazione potrebbe essere più complicata di così. “La Cina ha fatto di tutto perché il suo peso nel voto nel consiglio esecutivo del Fmi restasse comunque minore di quello del Giappone“, scrive il Ft. “Pechino non voleva il ruolo di primo piano – e la responsabilità nelle azioni del Fmi – che sarebbe derivata dal diventare il secondo paese con più voti nel board”. La Cina potrebbe aver pensato che era meglio non essere troppo coinvolta con gli istituti occidentali e neoliberali, perché questo poteva danneggiare la sua immagine politica nei confronti dei paesi del mondo in via di sviluppo. Inoltre va notato, secondo il Ft, che la partecipazione di tanti paesi occidentali è sì un segno del potere di Pechino, ma “comporta un prezzo in termini della capacità della Cina di controllare il nuovo istituto”: più sono i paesi occidentali o comunque fuori dall’area di diretta influenza della Cina e minore sarà il potere di Pechino di indirizzare a suo piacimento l’Aiib. Il Wsj ha scritto che la Cina avrebbe promesso di rinunciare al suo potere di veto nell’Aiib in cambio della partecipazione europea e questo vuol dire che Pechino desidera innanzitutto legittimazione politica, anche al costo di pesanti concessioni.