Quattordici paesi della NATO hanno finora annunciato i loro bilanci per la difesa per il 2015. Di questi, solo gli Stati Uniti e l’Estonia hanno superato il tetto del 2% del Pil che ogni nazione appartenente all’Alleanza deve investire in spese militari. Secondo un nuovo studio condotto da Ian Kearns e Denitsa Raynova dello European Leadership Network (ELN) e intitolato “A Preliminary Analysis of 2015 Budget Decisions in NATO Member States” , i bilanci militari di sei nazioni aumenteranno e quelli di altre sei diminuiranno nel 2015.
BILANCI RISTRETTI PER I “BIG SPENDER”
In particolare, saranno due dei più grandi spender in Europa, Regno Unito e Germania, a tagliare le spese per la difesa, quest’anno. Mentre la Francia, altro “big spender” del Vecchio Continente, rimarrà ferma alle cifre previste dal vecchio budget. Il bilancio del Canada invece non è stato formalmente reso noto, ma non si attendono sorprese in positivo secondo il rapporto ELN. Questo perché Toronto, durante il vertice NATO tenutosi nel Galles lo scorso settembre, si è opposto all’obiettivo prefissato dai paesi dell’Alleanza di impegnarsi aumentare la spesa destinata alla difesa.
LA RISPOSTA DEI MEMBRI PIÙ PICCOLI DELLA NATO
La stagnazione della spesa militare delle più grandi potenze militari NATO – Regno Unito, Francia, Germania e Canada – ha spinto, di riflesso, diversi membri più piccoli ad aumentare i loro finanziamenti. Non a caso, alcuni di loro sarebbero in prima linea in un futuro conflitto militare tra la Russia e i componenti dell’Alleanza Atlantica. La Polonia, ad esempio, ha fatto lievitare il suo bilancio nel 2015 e si è impegnata a farlo ancora nel 2016 per raggiungere la soglia del 2%. Allo stesso modo, la Lettonia ha intrapreso un graduale aumento della spesa militare e mira a raggiungere la percentuale stabilita entro il 2020.
La Lituania, che è al tal punto preoccupata per una potenziale aggressione russa che ripristinerà il reclutamento a partire dal 2016, ha portato il suo bilancio finalizzato alla difesa dallo 0,78% al 1,11%. Balzo in avanti anche per la Norvegia, che secondo quanto rilevato dal rapporto ELN, ha aumentato il suo bilancio per la difesa del 3,5%, spinta dalla paura di un crollo generale della spesa militare in Europa occidentale e dalla voglia di rendersi sempre più autosufficienti. Stesso discorso vale per la Romania, che ha accresciuto la spesa militare mossa dalle preoccupazioni di un possibile intervento russo nella vicina Moldavia.
LE SCELTE IN CAMPO DI DIFESA SONO DETTATE DAL BUSINESS DEI SINGOLI PAESI
Tirando le somme, il dossier giunge alla conclusione che lungi dall’essere un elemento rivoluzionario, le decisioni che riguardano i budget da investire in campo militare rispecchiano anche in questo campo il business intrapreso da singoli Paesi. E lo dimostra il fatto che tutti i “big spender” abbiano deciso di tagliare le spese finalizzate alla difesa, mentre gli stati membri più piccoli abbiano invece optato per un aumento dei finanziamenti in tal senso.
Per questo motivo, secondo lo studio dell’European Leadership Network, dalle cifre emerse si può dedurre che:
– la retorica del vertice NATO in Galles ha avuto poco effetto sui “big spender” europei in fatto di difesa (Regno Unito, Francia e Germania);
– dietro l’apparente unità della bandiera dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, la percezione reale delle minacce differisce in modo significativo tra gli alleati e questo si riflette nei loro approcci divergenti a livello di investimenti economici;
– c’è uno scarso segnale di cambiamento nella tendenza al ribasso per quel che riguarda le spese per la difesa, nonostante le preoccupazioni per il comportamento della Russia e gli sviluppi in Medio Oriente;
– nessuno dei paesi della NATO esaminati ha abbastanza risorse e sostegno interno per ammodernare le proprie forze armate e sviluppare autonomamente la propria capacità di difesa. Perciò l’unico modo per affrontare le sfide future in questo campo, almeno al momento, è puntare ancora su una maggiore cooperazione tra gli stati membri.