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Cosa fare dopo Cernobbio

Il governo greco, soprattutto il ministro Yannis Varoufakis, ha dato prova di grande abilità nell’utilizzare il forum di Cernobbio per suscitare simpatie, proprio mentre è impegnato in un “gioco ad ultimatum” con le istituzione europee ed il Fondo monetario in cui rimette in ballo anche le riparazioni che la Repubblica Ellenica dovrebbe ricevere da Germania ed Austria per vicende inerenti la seconda guerra mondiale (vedi Formiche.net del 3 marzo) . Dal canto suo, il governo italiano, in particolare il ministro Pier Carlo Padoan, ha fatto bene nel frenare i fin troppo facili entusiasmi suscitati da alcuni barlumi di ripresa e della possibile fine della deflazione, evidenziati da alcuni indicatori mentre altri mostrano che la produzione industriale continua a crollare.

Tuttavia, terminata la festa sul Lago di Como, con i titoloni sui quotidiani, occorre chiedersi cosa fare nel “dopo Cernobbio”. I destini di Grecia e Italia sono più legati di quanto non sembra. Non solamente c’è – come evidenziato più volte su Formiche.net – del contagio: se Atene cade, Roma e Parigi potrebbero risentirne ancora prima di Madrid e Lisbona. Inoltre la citazione ad effetto di Varoufakis della frase di Nicholas Kaldor secondo cui un’unione monetaria non può precedere un’unione politica deve essere presa sul serio. E’ una frase che è stata detta in tanti ed in tanti continenti.

La realtà effettuale delle cosa mostra che quanto previsto, tra l’altro, da Martin Feldstein e Alberto Alesina in testi differenti quando iniziava il percorso a tappe verso l’euro si sta avverando: un incremento della divergenza (non della convergenza) tra i Paesi che fanno dell’eurozona, un aumento dei contrasti all’interno dei singoli Paesi nonché tra i Paesi, un mercato finanziario sempre più frammentato (con il ritorno dei controlli sui movimenti di capitale), un mercato del lavoro europeo non esistente (anche perché si vogliono utilizzare i contributi previdenziali come tributi a ciascun Stato e quindi nessun passo si va verso un sistema previdenziale effettivamente europeo).

Quando il governo greco sembra invocare un’unione politica in cui avrebbe una posizione nettamente minoritaria e poco influente, mostra in sostanza che è pronto a scambiare la propria autonomia (pur limitata a ragione dei debiti con creditori che reclamano di essere rimborsati) al fine di ottenere in perpetuità trasferimenti dal resto dell’Unione tale da tenere la propria popolazione in stato di relativo benessere, senza effettuare le riforme economiche di cui la Grecia ha disperata esigenza ma che cozzano con interessi costituiti di lungo periodo. In effetti, Varoufakis invoca un “protettorato europeo” sulla Repubblica Ellenica. Si deve leggere in questo senso anche la proposta specifica di una maxi emissione di titoli dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei). In un protettorato, anche i costi politici e sociali delle riforme e delle non riforme grava più sul protettore che sul protetto.

Non si vuole raffrontare un economista di vaglia come Pier Carlo Padoan con il greco-texano Varoufakis. Ha correttamente sottolineato che nell’attuale quadro internazionale ci sono opportunità macro-economiche molto ampie che devono però indurre a non rilassarsi e ad accelerare invece con riforme. A quali riforme occorre rivolgersi? Non le menziona. Abbiamo la presunzione di poterlo indicare. Non certo a quella della previdenza di cui si parlotta: nessun Paese resiste a quasi una riforma della previdenza l’anno in quanto scatena incertezza. Occorre indubbiamente riformare la pubblica amministrazione ma non seguendo (come mostra un testo giunto in Parlamento) linee sud-americane di totale asservimento della dirigenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni ai Governi di turno, impedendo quella imparzialità che caratterizza ogni buon amministrazione.

Le riforme essenziali sono le liberalizzazioni e le privatizzazioni, iniziando da quella Rai che dovrebbe essere “la madre di tutte le privatizzazioni”, secondo un documento recente dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, organismo internazionale distinto e distante dalle nostre beghe. Padoan sta vincendo una battaglia sulle privatizzazioni. Sulle liberalizzazioni, però, grava il “maledetto imbroglio” dei corporativismi e particolarismi che sembra avere attanagliato Via Molise e Palazzo Chigi.


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