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Decidere della propria morte

Oggi una persona di mia conoscenza è morta.

Era una signora anziana. Una signora molto benestante che aveva avuto una bella vita. Una vita di lussi e di viaggi, di poche preoccupazioni. Una vita piena di tante cose materiali, e forse un po’ arida di sentimenti. Non aveva figli o nipoti diretti, solo parenti che detestava perché aspettavano che accadesse esattamente quanto è accaduto oggi. Che chiudesse gli occhi e aprisse i cordoni della borsa. Non so cosa accadrà adesso, ma questa persona mi ha fatto riflettere molto.

Questa signora ha deciso come vivere, ha vissuto come desiderava. Ma cosa più importante ha deciso come morire.

L’anno scorso le viene diagnosticato un tumore. Lei è padrona di sé. Totalmente lucida e vigile, conosce esattamente cosa accadrà. Il medico le dice che deve sottoporsi a chemioterapia e a controlli costanti. Curandosi potrebbe allungare il tempo di vita. La signora dice no. E lo fa come se niente fosse cambiato nella sua vita, come se quella notizia non le avesse pesato sull’anima. Dice che non intende sottoporsi a nessuna cura estenuante. Dice che vuole morire in casa sua e fare fino all’ultimo giorno ciò che ha sempre fatto.

Il medico fa il suo dovere. Cerca di spiegarle che può curarsi, che le cose non sono più come un tempo. Che le cure funzionano meglio e hanno minori effetti negativi. Ma è anche molto chiaro: senza una cura adeguata ha un solo anno di vita. La signora ringrazia e scrolla le spalle. E allora viviamolo quest’anno, dice. E così è stato.

Ha avuto modo di gestire le sue cose, di restare tra le mura di casa sua. Il tumore si è esteso, tanto che gli occhi si sono chiusi. Sorpresa in una mattina qualunque da un sonno che era in realtà il coma. Un sonno da cui non si è risvegliata.

Ho riflettuto su questa scelta. All’inizio mi sono detto: perché rifiutare le cure? Perché negarsi la possibilità di vivere di più? Perché?

Poi mi sono reso conto che rispetto a tanti malati ha avuto la possibilità di scegliere. Di decidere se curarsi o meno. E ha fatto la sua scelta, libera e consapevole.

A molti questa possibilità è preclusa. Eppure c’è il diritto inalienabile per ciascuno di noi di poter dire quando è ora di lottare e quando è ora di arrendersi. Se di resa si può parlare.

Forse avrebbe potuto vivere altri anni, costringendosi ad un calvario in ospedale, attese, iniezioni e medicine. Ha forse optato per la qualità invece della quantità, chissà cosa sarebbe accaduto se si fosse sottoposta ai trattamenti consigliati. Ma questa persona ha avuto il privilegio di decidere per sé, e la forza per farlo.



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