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Je suis Dolce&Gabbana

Je suis Dolce&Gabbana. La propaganda sovietica decantava le lodi della democrazia del popolo, salvo poi scoprire che se la pensavi diversamente dalla vulgata di regime, ti regalavano una vacanza sull’arcipelago delle Kolyma. Metti galera al posto di gulag, ed è più o meno quello che sarebbe successo a Domenico Dolce se fosse passato il ddl Scalfarotto contro l’omofobia. Avesse spezzato una lancia a favore dei matrimoni gay o della stepchild adoption, vai con gli squilli di tromba e rullo di tamburi, ricchi premi e cotillon. Ma siccome ha osato dire l’indicibile, è scattata implacabile la purga. Unica differenza rispetto al caso Barilla, è che essendo lo stilista omosessuale dichiarato, non possono ri-educarlo secondo i canoni del gender oggi dominante, onde per cui i gendarmi della gaystapo hanno ripiegato sul più piccino e scontato dei boicottaggi. L’impressione, in ogni caso, è che stavolta abbiano trovato pane per i loro dentini. Piuttosto, perché Elton John non ci spiega come mai lui e il suo compagno giunsero alla decisione di far arrivare, ogni giorno, tramite jet privato, il latte della madre del bambino che ebbero affittando l’utero della donna? Ma tant’è. Questo che ha coinvolto la celebre coppia di stilisti è solo l’ultimo di una serie di incredibili episodi che la dicono lunga sul clima di terrore instaurato dalla dittatura del pensiero unico. Al punto che se è assai remota la possibilità di morire democristiani, è invece assai plausibile che moriremo omosessuali. Previa, s’intende, opportuna ri-educazione tramite indottrinamento gender oriented, di cui anche di recente Papa Francesco ha parlato con riferimento alla “colonizzazione ideologica”. Ma non è tanto di me che mi preoccupo (e in ogni caso venderò cara la pellaccia); la cosa più odiosa è che stanno mettendo le mani sui nostri figli, come dimostra quanto è successo pochi giorni fa a Trieste, dove in 45 classi delle scuole dell’infanzia è stato propinato a bambini di 4 anni il “Gioco del Rispetto”, l’ennesimo escamotage per inculcare sotto mentite spoglie l’omosessualismo in salsa gender. L’iniziativa – che nelle intenzioni dei due geni che l’hanno partorita mira a contrastare, manco a dirlo, la violenza sulle donne – “propone un cambiamento di atteggiamenti sul tema del genere e delle pari opportunità, persuasi che il cambiamento culturale avviene con la formazione delle nuove generazioni”. Bene. Ora vediamo in che consiste il gioco. Ad esempio, nel far travestire i maschietti da femminucce e viceversa, sotto gli occhi degli insegnanti che filmano e riprendono la mascherata. Il meglio però deve ancora venire. Il gioco prevede anche il “toccarsi reciprocamente dopo aver fatto ginnastica per sentire ciò che i coetanei provano dopo la fatica, per poi acquisire maggiori competenze sensoriali ed emozionali, esplorando a vicenda i propri corpi per capire le differenze tra i bambini e le bambine”. In questo modo, “i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale”. In pratica, il gioco del dottore 2.0, rivisitato in chiave politically correct. Naturalmente la cosa non è passata inosservata, e dopo la denuncia dell’accaduto da parte di un genitore che ne ha scritto sul settimanale diocesano, in poco tempo è finita sui banchi del parlamento. Dove però, manco a farlo apposta, è in discussione un disegno di legge governativo il cui titolo è tutto un programma: “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università”. Se davvero si trattasse, come vogliono farci credere, di educare le nuove generazioni al rispetto dell’altro, alla tolleranza e alla prevenzione di ogni atteggiamento omofobo, va da sé che non ci sarebbe nulla da ridire. Il punto però è che dietro il paravento dell’omofobia, si nasconde un progetto diverso, che è quello di educare sessualmente i ragazzi all’insegna dell’ideologia di genere, come per altro si evince anche da un documento varato dalla sezione europea dell’Oms, intitolato, guarda un po’, “Standard per l’educazione sessuale in Europa”. Col risultato, paradossale ma non troppo, che di questo passo ad essere discriminati rischiano di essere gli etero, le famiglie tradizionali e in generale chi non la pensa come vogliono lor signori. Alla faccia della tolleranza.



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