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La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti

Assemblea costituente, maggio 1947: il democristiano Costantino Mortati presenta un emendamento che sottopone il diritto dei cittadini a riunirsi liberamente in partiti alla condizione “che si uniformino al metodo democratico nell’organizzazione interna e nella azione diretta alla determinazione della politica nazionale”.

Le ragioni dell’opposizione di tutti i partiti della sinistra (ma anche i liberali erano contrari) vengono così riassunte da Tristano Codignola: “Se passasse questo emendamento, noi verremmo a sopprimere una delle garanzie fondamentali della vita democratica del paese; in quanto trasferiremmo il giudizio sulla democraticità interna dei partiti dalla sede costituzionale alla sede politica, e cioè alla maggioranza parlamentare, che verrebbe in qualsiasi momento a disporre arbitrariamente dei poteri di intervenire nella vita democratica del paese e nella vita interna dei partiti […]”.

Dopo le dichiarazioni di voto, Mortati ritirò l’emendamento e all’Assemblea passò il forte impianto garantistico dell’articolo 49. Beninteso, i tempi cambiano e il Pd può legittimamente avere un’opinione diversa dalla sinistra di allora. A quella sinistra, però, non piaceva molto avventurarsi nei bassifondi dell’improvvisazione e dell’autolesionismo.

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