“L’esercizio di calcolare una qualche forma di costo medio di produzione standard del latte in un panorama così diversificato” come quello italiano, “al fine di confrontarlo con un prezzo alla stalla, appare complesso e non esente da rischi per gli stessi allevatori”.
Con queste motivazioni, e per “l’assenza di uno squilibrio contrattuale tra le parti contraenti il prezzo del latte alla stalla”, l’Antitrust guidata da Giovanni Pitruzzella ha archiviato la denuncia portata avanti nel 2013 da Coldiretti Lombardia contro la richiesta, “da parte di alcune imprese di trasformazione, di prezzi del latte alla stalla per la campagna 2013/2014 ritenuti eccessivamente bassi ed inferiori ai costi medi di produzione degli allevatori”.
Il riferimento della denuncia Coldiretti a prezzi inferiori ai costi, “deriva dall’articolo 4 lettera c) del dm 199/2012, che considera pratiche commerciali sleali ai sensi della normativa anche l’imposizione di prezzi di acquisto ‘palesemente’ inferiori ai costi medi di produzione del settore. Quest’ultima norma nel settore del latte presenta” però, si legge, “non poche difficoltà applicative”.
È quanto emerge da un’audizione alla Camera, in commissione Agricoltura, del presidente dell’Agcm, in merito alle risoluzioni 7-00588 Oliverio, 7-00606 Rostellato e 7-00607 Gallinella riguardanti iniziative per il sostegno del settore del latte.
“Il costo di produzione del latte alla stalla – si legge nel documento depositato da Pitruzzella – è infatti un valore estremamente difficile da stimare esattamente. Esso dipende da un numero elevato di voci di costo e risulta diversificato significativamente da un allevamento all’altro in funzione di parametri connessi alla collocazione geografica, alla sua dimensione ed alle sue caratteristiche organizzative (resa della mandria, modalità di approvvigionamento di mangimi, rapporto manodopera familiare/manodopera dipendente). Inoltre i costi di produzione (come del resto i relativi ricavi) variano in funzione della destinazione d’uso del latte prodotto: latte alimentare, formaggi Dop, altre produzioni non Dop, con i costi che crescono di molto per produzioni di latte ad uso Dop”.
E ancora: “Ai fini di confronto con i prezzi del latte, i costi di produzione ‘lordi’ per un allevamento dovrebbero essere ricalcolati al netto dei ricavi derivanti da altre attività connesse all’allevamento (tra tutte la vendita della carne bovina). Come è dunque evidente, l’esercizio di calcolare una qualche forma di costo medio di produzione standard del latte in un panorama così diversificato, al fine di confrontarlo con un prezzo alla stalla, appare complesso e non esente da rischi per gli stessi allevatori”. GAV