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Libia, ecco perché la Russia conta (non solo per l’Italia)

Anche Bruxelles si accorge che il Fronte Sud conta. Per l’Italia una novità importante, dopo anni di “schiacciamento baltico”, come lo definiva l’ex ministro degli esteri Gianni De Michelis. L’Europa tutta, non solo Roma, comincia a guardare al Maghreb e alla Libia, finalmente, per esempio con gli studi approfonditi del suo think tank di punta, l’EUISS (European union institute of strategic studies), guidato da Antonio Missiroli e al cuore del Servizio estero della Ue capitanato da Federica Mogherini.

SPONDA SUD ANCHE PER MOSCA

Anche per questo la recente apertura di Matteo Renzi ad un ruolo russo in Libia e Siria non appare estemporanea, né dettata da soli interessi economici ed energetici, che pure sono rilevanti come sottolineato proprio su Formiche.net da Giulio Sapelli. L’opzione russa ha una finalità tattica chiara nell’attuale fase della contesa, ovvero offrire a Mosca una sponda a Sud (in cui rientra anche il ruolo in Siria-Iraq) per alleviare la pressione a Est (Ucraina-Baltico). Forte delle relazioni con Egitto e Algeria, Mosca ha superato abbastanza agevolmente lo shock della caduta di Gheddafi, dittatore mai molto amato dal Cremlino, nemmeno al tempo dell’alleanza degli anni Ottanta.

THINK TANK UE SULLA LIBIA

In due recenti sintetici focus-Paese, il senior analyst dell’EUISS Florence Gaub ha messo in luce sia i rischi della “deghedafizzazione” stabilita nella Legge di Isolamento Politico del 2013, sia quelli dell’implosione del fragile settore petrolifero. Gli studi sottolineano l’emergenza economico-sociale e l’assenza di una governance interna, lasciando intendere che solo un massiccio intervento di aiuti economici internazionali potrebbe impedire il collasso del Paese, in attesa di ridurne la grave dipendenza dal settore pubblico e dalle esportazioni di petrolio.

IL RUOLO DI ALGERI

Ancora più chiaro uno studio dell’EUISS sempre a firma Florence Gaub e Alexandra Laban, intitolato “Tre scenari al 2025 per il mondo arabo“. Vi si delinea uno scenario di “Balzo arabo” (Arab Leap), in cui la stabilizzazione libica ha un ruolo fondamentale e viene affidata a un accordo tra Egitto e Algeria. Citare l’Algeria significa, implicitamente, proporre un controbilanciamento alla linea filo-egiziana perseguita principalmente da Londra, che punta a una messa in sicurezza della Cirenaica. Stati Uniti e alcuni Paesi europei, tra cui certamente Germania e Italia, potrebbero guardare con attenzione a questa ipotesi. Se vi si aggregasse la Francia dal quadrante Sud (Niger/Mali), essa assumerebbe ancora maggior consistenza.

LE MIRE RUSSE

Cosa c’entri Mosca in questo garbuglio mediterraneo lo spiega il report stesso, indicando tra le possibili “wild cards” (le sorprese strategiche) anche un’intensificazione della “guerra per procura russa” nel mondo arabo, a partire dall’Egitto per puntare su Algeria e “perfino” Arabia Saudita. Non si specifica il contesto, ma è facile ipotizzare che Mosca si presenti in questo quadro come “potenza della stabilità” che tende la mano ai bastioni dell’ordine regionale, nulla chiedendo in cambio dal punto di vista dei diritti umani. Non a caso, si cita questo scenario come causa di una forte reazione occidentale. Una prospettiva che accentuerebbe dunque l’interesse europeo a coinvolgere la Russia in un gioco a somma positiva per disinnescare un fronte di crisi umanitario che finora le politiche nazionali di Londra e Parigi non hanno saputo contenere. L’indicazione vale anche per Mosca: nell’era dell’URSS le “scorribande africane” di Breznev causarono un forte riavvicinamento tra Francia e Stati Uniti. Un errore che il Cremlino non può commettere nuovamente.

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