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Marco Biagi, tredici anni senza giustizia

A tredici anni dalla morte del Prof. Marco Biagi, per onorare a modo mio il suo ricordo, vado oltre il patrimonio prezioso di lavoro che ci ha lasciato, ancora oggi, sovente con stanche retoriche strumentalizzazioni, accade ancora che c’è chi a tutti i costi affianca i gli studi e le proposte di eccellenza del mio amico, senza nessun scrupolo morale, alle riforme che vengono messe in campo. Non proprio in sintonia con le sue proposte e la sua lungimirante competenza.

Ricordo Marco chiedendomi anche in nome suo cos’è la Giustizia, quale giustizia alberga nel cuore di una società. Con tredici anni chiusi dai chiavistelli e calati a piombo sulle spalle, la mente ritorna agli anni affondati nella storia trascorsa blindata di chi in catene, sconta la pena accertata, di altri che mi auguro sentano almeno il peso della colpa di aver lasciato solo Marco, assassinato barbaramente dalle brigate rosse. Sono percorsi anni e frammenti di vita che non vanno nascosti, né manipolati, che però a me personalmente hanno reso trasparente il cammino da fare, quella mutazione possibile, accettabile, che invita le persone ad andare incontro a una intera società che vuole giustizia e non vendetta.

Quando la Giustizia è lontana, non c’è richiamo o fronda che possa risvegliarne equità e umanità, è distanza di ogni giorno, a ogni grido di aiuto inascoltato, di ogni diritto annullato, anche solo per una frazione di secondo, nella frazione di uno sparo. Giustizia è un valore che non può rimanere fuori dall’uscio di noi che rimaniamo, delle famiglie private dei loro cari, neppure all’interno di una istituzione chiusa e refrattaria alla trasparenza, la giustizia dovrebbe essere assunta come obiettivo da perseguire pervicacemente per chi rimane, facendoci schierare apertamente dalla parte di chi non vede riconosciuti i propri diritti fondamentali, cercando di comprendere e sostenere chi è calpestato quotidianamente nei propri diritti e chi nasconde vigliaccamente fin’anche i propri doveri di verità collettiva e individuale.

La Giustizia non è una parola da intendere a proprio piacimento, neppure paravento di una qualche e più grave ingiustizia come il permettere che tutti i colpevoli di un servitore dello Stato non rispettino la dignità di famiglie lasciate sole, una giustizia deve essere radice autorevole per ciascuno, perché consegna rispetto alla vita di chi rimane e di chi non si rassegna al silenzio omertoso di coloro che erano 13 anni fa e sono rimasti ancora colpevolmente nascosti.

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