Articolo tratto da Nota Diplomatica
Dalla fine di febbraio è (almeno in teoria) perfettamente legale farsi una canna sul marciapiede davanti alla Casa Bianca. Il “Distretto di Columbia” – la capitale federale degli Usa che non appartiene territorialmente a nessuno dei cinquanta Stati – ha infatti legalizzato il “recreational use” della marijuana; cioè, l’uso “da diporto”, senza la finzione che sia per scopi terapeutici. I residenti della Capitale, attraverso un referendum popolare approvato a larga maggioranza lo scorso novembre, hanno votato di depenalizzare tout court il consumo dell’erba seguendo quanto già fatto dagli Stati di Washington (che non è “D.C.”), Alaska, Oregon e Colorado.
Così ha messo in enorme imbarazzo l’apparato federale, che in teoria governa direttamente la Città e rimane violentemente opposto alla legalizzazione, mentre invece il resto della popolazione Usa risulta perlopiù favorevole.
Il problema risiede nella potentissima burocrazia cresciuta a partire fin dagli anni Trenta del
secolo scorso per condurre la “War on Drugs”, in larga parte contro la droga più comunemente
usata: proprio la marijuana, ufficialmente la “via d’accesso” che porta a vizi peggiori.
Nel disperato tentativo di proteggere i propri budget, i guerrieri antidroga hanno alzato il tiro propagandistico a livelli mai visti e un po’ ridicoli. Di fronte alla notizia che ancora un altro Stato – lo Utah, la terra dei mormoni – sta meditando di ignorare il terribile pericolo posto dal cannabis, un ufficiale della DEA, la “Drug Enforcement Administration”, ha avvertito un comitato del Senato del rischio di massicci attacchi alla popolazione da parti di branchi di conigli resi feroci dal consumo della terribile erba nei campi dove verrebbe coltivata se fosse ulteriormente legalizzata.