La quadratura del cerchio non esiste, ma una buona risposta ci è sempre sembrata il metodo Buffett. È intelligente, straordinariamente efficace e presenta l’ulteriore preziosa caratteristica di non violentare la natura umana. Chi segue il metodo Buffett non trasuda sofferenza come molti contrari e non si sente l’unico matto in circolazione (o l’unico intelligente, che è poi la stessa cosa in termini di infelicità). Né assume quell’aria un po’ rancorosa di rivincita quando le cose gli vanno finalmente bene. Il metodo Buffett è una ginnastica dolce, è una specie di Tai Chi che richiede applicazione e concentrazione ma non lascia stremati. E in più viene incontro all’esigenza fondamentale di non restare completamente passivi davanti agli eventi. Restare sempre fermi può talvolta portare buoni risultati, come abbiamo visto, ma ci fa sentire inutili e senza controllo sul mondo.
Il metodo Buffett, nell’applicazione pratica, è meno puro di come viene spesso rappresentato, ma nella sostanza prescrive di costituire nel tempo un nucleo duro di partecipazioni in società in crescita secolare, lasciandolo poi lavorare tranquillo negli anni e nei decenni. Non è quindi un approccio value, come viene spesso rappresentato, ma di crescita a prezzo ragionevole.
Buffett rifiuta la leva, perché la leva massimizza il ritorno di breve ma innervosisce e induce a chiudere troppo presto le posizioni. Rifiuta il buyout, perché toglie ossigeno alle società acquistate e impedisce loro di crescere. Rifiuta di pagare in azioni (quando l’ha fatto se ne è amaramente pentito) e usa dollari sonanti. Tiene quindi, sempre e rigorosamente, un’abbondante riserva di liquidità e non si preoccupa di massimizzarne il ritorno inseguendo una manciata di punti base in più.
Ma la parte più importante del suo metodo, quella alla portata di tutti, è il posizionamento nel corso del ciclo economico. Buffett sa che prevedere un crash è quasi impossibile, mentre è più facile individuare la partenza di una fase positiva. La sua idea quindi, è che non bisogna vendere mai, ma che a un certo punto del ciclo bisogna smettere di comprare e limitarsi ad accumulare la liquidità derivante dagli investimenti già in essere. In questo modo la posizione di rischio si diluisce gradualmente nella seconda fase del ciclo. La liquidità così accumulata verrà buona, dopo il crash, quando comincerà a profilarsi la ripresa. Sarà, quello, il momento dei nuovi acquisti.
Chiunque, quindi, può iniziare con un portafoglio di titoli di crescita (o con un buon fondo che crei anche un po’ di alfa) e mettere da parte, iniziando da metà ciclo, i flussi di cassa via via generati, impiegandoli magari in un buon fondo con duration moderata, per poi ritrasferirne una parte verso l’azionario all’inizio del ciclo successivo.
L’asimmetria evidente nel metodo (si compra nella prima metà di ogni ciclo e non si vende mai) esce confermata dagli studi empirici di finanza comportamentale. L’errore più diffuso e costoso non è quello di comprare tardi, come si potrebbe pensare, ma quello di vendere presto. È noto e dimostrato che si soffre di più per una perdita di quanto non ci si rallegri per un guadagno. Questa asimmetria ci porta paradossalmente a tormentarci nelle fasi in qui siamo in utile (vendo? non vendo? e se poi scende?) e a rassegnarci e pensare ad altro in quelle in cui perdiamo. È per questo che, alla fine, vengono fuori piccoli utili e grandi perdite.
Il metodo Buffett corregge questa distorsione senza relegarci alla passività totale. Siamo infatti chiamati a decisioni importanti come la determinazione del momento di inizio ciclo (quando si inizia a comprare) e di quello di metà ciclo (quando si smette di comprare e si inizia ad accumulare liquidità).
Già, appunto, ma adesso in che fase siamo? Guardando a quello che Buffett sta facendo viene da pensare che siamo all’inizio della seconda metà del ciclo in America e ancora nella prima metà in Europa. Buffett tiene poco più di un quarto del suo valore di libro in cash. Rimane quindi aggressivamente investito, ma sta lentamente cominciando ad accumulare liquidità. Per non accumularla troppo velocemente deve comunque comprare ancora qualcosa ogni tanto. È confortante che, per la prima volta, si stia mettendo a studiare seriamente l’Europa.
Estratto dalla newsletter Nero & Bianco sul sito di Kairos