Skip to main content

Perché YouTube pensa ai video a pagamento

YouTube potrebbe presto introdurre un’opzione “a pagamento” per i suoi contenuti originali migliori. Secondo indiscrezioni di Variety, la piattaforma di proprietà di Google sta studiando un servizio di video-on demand cui si accede dietro pagamento di una quota mensile; i contenuti saranno selezionati e privi di pubblicità.

Si tratterebbe di un servizio simile a quello che la stessa YouTube sta già sperimentando per la musica, Music Key, che offre accesso a video musicali privi di pubblicità e streaming da Google Play Music al prezzo di  7,99 dollari al mese.

IL PROGETTO PILOTA

YouTube “sta cercando di definire un nuovo tipo di offerta” in abbonamento, aveva già indicato Robert Kyncl, head of content and business operations di YouTube, perché alcuni utenti non gradiscono la pubblicità. Vero, ma è anche vero che di solito la pubblicità su YouTube si può saltare dopo pochi secondi. In cambio il contenuto è gratis. Quanti utenti saranno ora disposti a pagare?

Un programma pilota del servizio a pagamento è stato lanciato nel 2013 insieme ad alcuni fornitori di contenuti, che hanno introdotto l’abbonamento (da 0,99 dollari al mese in su) per dare accesso a specifici canali. La sperimentazione ha coinvolto in tutto 29 canali, tra cui Sesame Street, UFC, National Geographic, PGA e Magnolia Pictures, ma alcune aziende hanno rivelato successivamente che le loro offerte a pagamento hanno ricevuto un’accoglienza tiepida.

PERCHE’ UN SERVIZIO A PAGAMENTO

Che cosa spinge YouTube a riprovarci? La pressione dei concorrenti: Netflix, Vimeo, Hulu, Vessel ma anche Facebook e Twitter. Tutti cercano di essere protagonisti del business dei video, per catturare contenuti in esclusiva e investimenti pubblicitari, anche se non tutti con lo stesso successo di YouTube, che ha dalla sua la forza di oltre un miliardo di utenti mensili e programmi di remunerazione meno generosi degli altri siti ma con ritorni molto più consistenti.

Su YouTube, infatti, il 55% degli introiti pubblicitari legati a un certo contenuto vanno al proprietario dei contenuti e il 45% a YouTube. La rivale Vessel offre il 70% degli introiti pubblicitari ai proprietari dei contenuti, Vimeo anche il 90%. Ma queste start-up hanno una base utenti neanche lontanamente paragonabile alla piattaforma di Google. Tuttavia ora, introducendo un servizio a pagamento, YouTube sarebbe in grado di avere più denaro da girare ai creatori di contenuti e potrebbe cercare finalmente di rendere il suo business redditizio: la divisione di Google, fondata nel 2005 e comprata da Big G nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari, non va ancora oltre il break-even.

IL REBUS DEGLI UTILI

Il fatturato di YouTube è cresciuto rapidamente dopo l’introduzione delle pubblicità nel 2010 – che sono apprezzate perché gli inserzionisti pagano solo se gli utenti guardano i video davvero. Tuttavia YouTube, che ha revenues di circa 4 miliardi di dollari nel 2014, contro i 3 miliardi del 2013, e rappresenta il 6% del totale delle vendite di Google nel 2014, non dà alcun contributo agli utili del gruppo. Per contro, Facebook ha generato oltre 12 miliardi di dollari di revenues e quasi 3 miliardi di profitti dai suoi 1,3 miliardi di utenti l’anno scorso.

Il problema, dicono gli analisti, è che YouTube resta un fenomeno legato all’audience dei giovani, che usano il sito come archivio di video cui approdano da altri link o video player e non visitando direttamente e quotidianamente YouTube.com. La sfida per Susan Wojcicki, Ceo di YouTube dal 2014, e per gli altri top manager di Google è far sì che YouTube diventi davvero come la televisione, un’abitudine giornaliera e piattaforma di preferenza per cercare canali di intrattenimento.

LA CONCORRENZA DEI SOCIAL

Lo scenario competitivo per YouTube è fortemente cambiato negli ultimi anni. Anche se Jamie Byrne, director of content commercialization di YouTube, dice che l’arrivo di nuovi competitor e nuovi modelli di distribuzione per i video su Internet è un segnale positivo per il mercato, che rende il settore più vivace, moltiplica i contenuti e fa fluire investimenti pubblicitari, il sito di Google deve fronteggiare un assalto su più fronti che potrebbe alla lunga eroderne il predominio. “Per la prima volta c’è una massa critica di minacce concrete al dominio di YouTube”, afferma Peter Csathy, Ceo di Manatt Digital Media.

I primi concorrenti sono ovviamente big come Hulu, che sottraggono a YouTube creatori di contenuti e produttori con la promessa di contratti in esclusiva e maggiori guadagni. Ma ci sono anche i social network. Alla fine del 2014, Facebook ha totalizzato una media di 3 miliardi di visualizzazioni al giorno di video messi sul suo sito. Questo include spezzoni di partite di calcio o di programmi Tv caricati dalle emittenti (anche se Facebook calcola come visualizzazione anche solo una “view” di 3 secondi). Ora Facebook corteggia i grandi artisti, come Shakira, Beyonce e Justin Bieber, per convincerli a postare video direttamente su Facebook per i loro fan, e sta studiando la possibilità di aggiungere più contenuti premium come i video del backstage degli Oscar ottenuti grazie all’accordo con Abc. Le agenzie pubblicitarie gradiscono: “Rispetto a YouTube, Facebook sa bene che cosa piace alla gente”, afferma Brent Smart, Ceo di Saatchi & Saatchi NY. “Ed è molto più facile condividere i video su Facebook”. Secondo il Wall Street Journal Facebook sarebbe pronta a offrire il 65% degli introiti pubblicitari ai suoi partner.

Iniziative incentrate sui video arrivano anche da Snapchat, che ha lanciato a gennaio il servizio di video-news Discover, con una dozzina di media partners tra cui Cnn, Espn, Food Network e Vice per condividere aggiornamenti giornalieri che restano visibili per 24 ore. E’ anche vero che i social network finora non hanno trovato un modo per monetizzare l’offerta di video. Per le aziende dei media e dell’intrattenimento YouTube è ancora la sola vera fonte di revenue tra le piattaforme aperte di Internet video: i social sono visti più come veicolo promozionale. Ma questo potrebbe un giorno cambiare, osserva Keith Hindle, Ceo of digital and branded entertainment di FremantleMedia Worldwide.

NUOVE START-UP AGGRESSIVE

Una forte concorrenza arriva per YouTube anche dalle nuove start-up del video come Vessel e Vimeo. Molte adottano il modello del servizio in abbonamento, proprio come quello che YouTube sta studiando. La minaccia numero uno è rappresentata da Vessel, fondata a metà 2013 da due ex manager di Hulu, il Ceo Jason Kilar e il chief technical officer Richard Tom. Su Vessel i consumatori pagano 2,99 dollari al mese e ottengono accesso esclusivo a una selezione di contenuti video digitali almeno tre giorni prima che siano disponibili su YouTube o qualunque altro servizio gratuito. Ai creatori di contenuti viene offerta una quota delle entrate pubblicitarie molto più alta che su YouTube e anche una piccola parte della tariffa di abbonamento.

Ma se il variegato panorama competitivo significa che YouTube non può riposare sugli allori, nemmeno le rivali possono pensare di aver già vinto la partita. Le start-up, per esempio, hanno sicuramente proposte interessanti ma una base utenti minima. E le loro condizioni non sempre sono gradite alle media company, come quando Vessel ha chiesto a Tbs di Time Warner delle clip del comico Conan O’Brian esigendo che il contenuto fosse trasmesso integralmente su Vessel e poi solo parzialmente su YouTube. La stessa Facebook, che pure è un’azienda di ben altre dimensioni, ha una strategia che convince a metà le società dei media: le pubblicità collegate con i video appaiono dopo la clip e non prima come su YouTube e sono ritenute meno efficaci; in più Facebook registra una “impression”— la visualizzazione del video che l’inserzionista deve pagare – quando il video appare sullo schermo anche se l’utente non lo guarda.

Da parte sua YouTube, sotto la guida della Wojcicki, ha introdotto diversi miglioramenti alla piattaforma per favorire i creatori di contenuti e avviato un programma di marketing, Google Preferred, che permette alle agenzie pubblicitarie di piazzare le loro ads sul 5% di canali che sono i più visti di YouTube, sicuri di raggiungere fette gigantesche di pubblico. L’anno scorso le entrate dei primi 100 canali di Google Preferred sono salite di oltre il 70% e, in generale, i pagamenti di YouTube ai suoi partner per i contenuti sono cresciuti del 50% nel 2014 anno su anno, un ritmo che YouTube dice di aver mantenuto sempre negli ultimi tre anni.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter