Il calo del prezzo del petrolio stoppa le ambizioni di potenza della Russia di Putin. Ne è sicuro Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, che è intervenuto ieri a Milano in occasione dell’inaugurazione del Mem, il Master in Energy Management organizzato in collaborazione da Mip-Politecnico di Milano e da Bip-Business Integration partners.
CHI PAGA IL PREZZO DEL PETROLIO CHE CALA
Rivolgendosi alla classe degli studenti del master, Politi ha spiegato come il “calo del petrolio sia un grande vantaggio per i paesi tartassati, come l’Italia, per i quali, tuttavia, ora il pieno di benzina dell’automobile costa molto meno”. Ma “quanti paesi produttori, che hanno un break even fissato a un certo livello di prezzo, sono adesso costretti a pagare dazio?”, ha domandato Politi ai giovani presenti. Certamente “Iran e Venezuela”; ma uno di questi è proprio la “Russia di Putin, che ha spaventato tutti minacciando di conquistare l’Ucraina“.
LA RUSSIA DI PUTIN: POTENZA OPPURE BLUFF?
Peccato che a Mosca, “con un prezzo del petrolio, e quindi del gas, così bassi, sarà praticamente impossibile disporre delle risorse necessarie a innalzare le spese militari, che al limite non diminuiranno”. Con buona pace, ha concluso Politi, “dei sogni di potenza di Putin”. Il presidente russo, peraltro, secondo Politi, “non ha nemmeno modernizzato il sistema di produzione dell’energia. E ciò significa che, molto probabilmente, anche se ha tamponato le falle di un’economia in crisi, la nave russa è comunque destinata a imbarcare acqua. Ridimensionando così parecchi scenari che si sono letti fino ad oggi sui giornali”.
L’ITALIA NON DORMA SONNI TRANQUILLI
Altro problema destinato ad esplodere qualora il prezzo del petrolio dovesse rimanere ancora a lungo così basso, secondo Politi, è quello dei paesi che, a differenza, per esempio, di quelli del Golfo, “non godono si solidi cuscinetti finanziari”. Un esempio? “L’Algeria, che è il primo fornitore di gas dell’Italia”. Sono tutti scenari che, per diverse ragioni, contribuiscono ad alimentare notevoli “rischi politici” per l’Occidente. Nel caso dell’Italia, in particolare, “con prezzi così bassi, anche realizzare il Tap, il gasdotto transadriatico che dovrebbe aprirci l’accesso al Gas del Mar Caspio, potrebbe diventare più difficile; o quantomeno i tempi di ammortamento degli investimenti divenire molto più lunghi”.
LA RIVLUZIONE DELLO SHALE GAS AMERICANO
In seguito, alla presentazione del master, è intervenuto anche Massimo Nicolazzi, presidente di Centrex Italia e responsabile di Ispi energia, che ha parlato della rivoluzione dello shale gas in corso negli Stati Uniti d’America, per dimostrare che, in campo energetico, è praticamente impossibile fare previsioni; soprattutto quando c’è in gioco la “tecnologia”, che è una variabile incontrollabile.
L’ENERGIA NON CONSENTE PREVISIONI
“L’estrazione del gas di scisto”, ha spiegato Nicolazzi alla classe, non è stata resa possibile grazie alla previsione di alcuni scienziati; ma è stata l’esito dell’accumulo di tradizioni e saperi”. Due scoperte, soprattutto, hanno permesso l’estrazione di gas e petrolio da rocce impermeabili, “una cosa fino a 10/15 anni fa del tutto impensabile”. E sono: “Da un lato, la tecnica del fracking, ovvero la fratturazione idraulica delle rocce argillose, le cui prime sperimentazioni risalgono addirittura al primo ventennio del secolo scorso e che è stata brevettata solo recentemente; dall’altro la possibilità di perforare con le trivelle orizzontalmente il terreno”.
LA STORIA DEI LIQUEFATTORI A STELLE E STRISCE
Tutto questo ha permesso agli americani di estrarre il gas e il petrolio dagli scisti argillosi e, ha fatto notare Nicolazzi, persino come sono stati realizzati i liquefattori necessari per lo stoccaggio del gas che potrebbe affrancare l’Europa dalla dipendenza energetica da Mosca, è un fatto curioso: “Sono stati, infatti, riconvertiti i rigassificatori costruiti nel 2005, quando Washington pensava che il Paese sarebbe andato incontro a un deficit produttivo spaventoso tale da far costruire numerosissimi impianti per sostenete le importazioni”. Così non è stato.
GLI “ENRICO MATTEI” DEL FUTURO
Tutte cose che “nemmeno il più pazzo visionario avrebbe potuto prevedere”, ha concluso Nicolazzi, offrendo così una suggestiva prospettiva a una pletora di giovani che si appresta, invece, a studiare tutto ciò che dovrebbe servirgli per fare previsioni ed elaborare strategie in ambito energetico, per le più importanti aziende del settore. Come, per esempio, le italiane Edison, Snam e Illumia, che da questo master contano di poter ottenere quella forza lavoro adeguatamente formata, che, purtroppo, al paese manca. E stiamo parlando del paese che diede i natali niente meno che a Enrico Mattei, manager di successo dell’Eni. Oggi, invece, hanno spiegato queste aziende ai presenti, l’Italia “non ha nemmeno un istituto tecnico del gas o un corso universitario ad esso dedicato”. Il master, dal canto suo, aspira quantomeno a colmare in tempo utile questo gap, offrendo una solida alternativa a tutti gli studenti del Politecnico. Che, peraltro, potranno godere di borse di studio per poterlo frequentare.