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Ecco lo sgorbietto del Tfr in busta paga

E’ finalmente stata attivata la convenzione tra il Ministero dell’Economia, quello del Lavoro e l’Associazione bancaria italiana per i finanziamenti agevolati alle imprese che erogheranno per un triennio in busta paga il Tfr maturando ai lavoratori che ne faranno richiesta. Le linee guida sono costruite in modo nel complesso pulito, ferma restando l’ineliminabile complessità degli adempimenti. Il problema è che, come ampiamente prevedibile (e previsto) si crea un rischio potenziale in capo all’Inps, cioè al contribuente.

COME FUNZIONA

Alla richiesta di finanziamento potranno accedere le imprese con meno di 50 dipendenti e che non siano tenute al versamento del Tfr al fondo di Tesoreria Inps. Occorre premettere che il finanziamento “agevolato” è una opzione fornita all’impresa, non un obbligo. Alla banca finanziatrice, come specificato dal punto 4 delle linee guida, “non compete una verifica del merito di credito del datore di lavoro”.

I COSTI DEL PRESTITO

Ma quanto costerà il prestito? E’ stato stabilito che gli interessi sul finanziamento (comprensivi di ogni altro onere), non potranno mai essere superiori al tasso di rivalutazione del Tfr, pari all’1,5% più il 75% del tasso di inflazione annuo per famiglie di operai ed impiegati. È previsto anche che il tasso possa essere fisso, a condizione che lo stesso non superi l’1,5%, ovvero la componente fissa del tasso di rivalutazione del Tfr stabilita dall’articolo 2120 del codice civile. Se considerate quanto costa oggi, ad una banca italiana, il credito della Bce (nulla), e se considerate che il tasso swap euro a tre anni è dello 0,12%, potete agevolmente realizzare che il margine per le banche esiste ed è anche confortevole.

VISTO DALLE BANCHE

Per le banche è altrettanto confortevole, e non poteva essere altrimenti, l’eventuale recupero del credito. In ipotesi di avvio della procedura di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria, la banca finanziatrice richiede l’intervento del Fondo di Garanzia Inps, previo deposito di istanza di ammissione al passivo. Il Fondo di Garanzia Inps è evidentemente controgarantito dallo Stato. Il Fondo diventa quindi creditore dell’impresa.

IL GIUDIZIO

La sintesi estrema è che: grazie all’attuale livello di tassi, le banche hanno un margine di interesse positivo e confortevole, e in caso di dissesto aziendale le banche riescono a smobilizzare il credito senza perdite in tempi ragionevolmente rapidi, cedendolo all’Inps, su cui quindi grava integralmente il rischio di credito. Tutto il provvedimento appare quindi come un macchinoso e convoluto tentativo di fornire un assai teorico potere d’acquisto ai lavoratori, mediante anticipo di retribuzione differita. Il tutto annaffiato da forti penalizzazioni fiscali, la cui funzione economica indiretta è quella di precostituire risorse (ovviamente senza vincolo di destinazione) per le insolvenze delle aziende finanziate. Solo che non si può dire.

Forse provare con una scatola di Lego, il Meccano o un puzzle da 5.000 tessere avrebbe prodotto lo stesso effetto pratico, con minori distorsioni ed onerosità. Ma viviamo nell’era del renzismo, bisogna adeguarsi.

Leggi l’articolo integrale sul blog phastidio.net



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