“A me piacciono le cose semplici. Non solo i maglioni a tinta unita”. Così Sergio Marchionne ha in pratica confermato, parlando al salone di Ginevra, che il cruscotto di comando della “nuova” Ferrari, al pari di Fiat Chrysler e di Cnh Industrial, verrà collocato in quel di Londra, a portata di mano dalla sua scrivania presto sistemata in maniera definitiva nel cuore della capitale britannica.
Anche se, per ora, non è stato ancora deciso in forma ufficiale dove sarà collocata la sede legale e fiscale del gruppo. In teoria, anche le nuove norme italiane in attesa dei regolamenti Consob, consentono a una spa di poter premiare i soci stabili con il raddoppio dei diritti di voto, come è previsto dal diritto societario olandese. Ma è dubbio che Fca voglia affrontare l’opposizione di gestori e fondi activist in un’assemblea italiana. L’esito della sfida sarebbe comunque scontato. Ma i tempi e le procedure depongono per la scelta di Amsterdam. E di Londra, secondo uno schema ormai “fotocopia”.
In sintesi:
a) Fca si accinge a collocare il 10% di Ferrari sul mercato azionario di New York e su una piazza europea (probabilmente Londra). La quota scenderà così dal 90% attuale all’80%, contro il 10% detenuto a Piero Lardi (che non è venditore).
b) A quel punto, le azioni Ferrari verranno distribuite pro quota tra i soci e tra i sottoscrittori del prestito convertendo di Fiat Chrysler, una prospettiva che ha fatto da propellente alla crescita dei titoli del gruppo Torino-Detroit.
c) Tutti i broker e le banche d’affari Usa ed europee stanno facendo a gara per aggiudicarsi una fetta del collocamento, offrendo quotazioni che ormai sfiorano valori più adatti ai multipli di Hermes o di Lvmh piuttosto che di una casa automobilistica. Si parla di una valutazione superiore ai 7 miliardi di euro, cifra che potrebbe convincere Marchionne ad aumentare il flottante in offerta.
d) Di sicuro, però, Exor resterà pro quota azionista di controllo di Ferrari. Grazie alla quota del 25%, cui andrà aggiunto il 10% di Piero Lardi, più la facoltà di raddoppiare i diritti di voto, la finanziaria presieduta da John Elkann avrà il controllo della Rossa. Fca, invece, uscirà dall’azionariato dopo aver percepito un dividendo straordinario di 2 miliardi, preziosa benzina per alimentare la sfida più ambiziosa e difficile dell’anno: il decollo delle nuove Alfa, che faranno una prima apparizione aal centenario della casa del Biscione a fine aprile.
e) La capofila Exor, erede della vecchia Ifi, resta così l’ultimo scrigno italiano di casa Agnelli, da cui dipenderanno: Fca, Ferrari e Cnh Industrial. Non è escluso che l’operazione di splitting di Ferrari non venga ripetuta in casa Maserati, con l’obiettivo di estrarre altro valore dal Tridente (valutao tra i 3 e i 4 miliardi, se valgono i multipli del lusso.
f) Dal punto di vista industriale, Ferrari (e Maserati) restano partecipazioni interamente made in Italy, per cavalcare l’appeal del lusso italiano. Almeno per ora. Il resto del gruppo ha ormai una dimensione globale in cui l’Italia ha un peso relativo. Anche se gli stabilimenti, precipitati ad una produzione infima, sono destinati a riprendersi, grazie alle vendite americane di Fca.
g) Alle partecipazioni automotive va aggiunto il colosso dei servizi immobiliari, l’americana Chushman & Wakefield, che è però già in vendita. Exor, che chiede due miliardi per la cessione, potrebbe così raddoppiare la liquidità in cassa accumulata con la vendita dell’elvetica Sgs.
h) A che serviranno questi quattrini? A Ginevra Marchionne ha ribadito la necessità di “sposare” Fiat e un partner di grandi dimensioni per creare un gruppo in grado di competere alla pari con Toyota e Volkswagen. Chissà, potrebbe essere un sogno destinato a restare nel cassetto. Oppure l’ultimo colpo di poker di super Sergio. Ma in caso di matrimonio (Gm? Ford? Un asiatico?) Exor dovrà fare la sua parte per evitare di esser diluita.
i) In ogni caso, dopo l’ultima manovra, la finanziaria si terrà ben stretto il controllo di Ferrari, ormai blindata dalle mire dei concorrenti.