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Un’idea per il San Carlo di Napoli

Teatro prima sull’orlo del fallimento poi commissariato, il San Carlo di Napoli non trova pace. In questi giorni il dibattito si è spostato sulla scelta del Sovrintendente. Si chiudono infatti l’11 marzo i termini per la procedura di manifestazione di interesse indetta dal Massimo Napoletano.
In una lettera aperta, Roberto Race si è candidato. Il comunicatore Race da anni si occupa di management di organizzazioni culturali e per il sociale. E’ trustee e direttore della Charity inglese World for People Foundation, segretario generale del think thank Competere.EU e segretario generale della Fondazione Valenzi, l’istituzione internazionale attiva nella cultura e nel sociale dedicata all’ex sindaco di Napoli.

Race, perché si candida al ruolo di Soprintendente del San Carlo? Non le sembra una sfida azzardata?
La mia vuole essere innanzitutto una provocazione. Stiamo parlando del futuro di uno dei pilastri della storia e della cultura napoletana. Il teatro più antico d’Europa, il più bello del mondo. E cosa si legge dal dibattito sui media?

Non lo so, che si legge?
Un accavallarsi di polemiche sterili sui possibili nomi del nuovo vertice. Nomi che appaiono spesso inadeguati, ma che fanno per lo più sponda su questo o quello schieramento lobbistico o politico. C’è un grande assente in tutto questo…

A cosa si riferisce?
Alla programmazione. All’esigenza di un salto qualitativo che riconduca il teatro ai fasti del passato. Perché una cosa è essere ammirati per la magnificenza della struttura e per le prestigiose tradizioni, altro è essere indicato, come il San Carlo meriterebbe, tra i primi cinque massimo dieci templi della cultura mondiale.

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Per recuperare terreno su questo versante, dicono gli addetti ai lavori, occorrono tanti soldi, e le risorse pubbliche sono sempre più alla canna del gas.
E infatti non immagino apporti dello Stato e degli Enti territoriali, superiori, se non minimamente, a quelli già in essere. Il Piano di rilancio servirebbe proprio a cambiare interlocutori, puntando sui capitali e l’iniziativa dei privati.

Sponsor? Quali?
Queste sono formule vecchie, che non incantano più nessuno. L’imprenditore moderno vede nella cultura una nuova forma di possibile applicazione dell’impresa industriale. Con una sua specificità da salvaguardare, certo, ma senza trascurare, come si è fatto colpevolmente fino a ora, le componenti di business. Per me il privato deve partecipare alla gestione, con idee e progettualità. Ma per farlo deve essere messo nelle condizioni di procedere.

Vale a dire?
Servono il sogno da coltivare, una mission, le risorse possibili, degli obiettivi concreti, le tappe di progressivo avvicinamento all’utopia possibile. Con questa cornice, che dovrebbe essere indicata dal Comitato d’indirizzo, per un candidato diventa plausibile presentare un programma di rilancio adeguato e misurarsi con gli altri per il valore delle idee messe in campo.

Quindi?
Dobbiamo capire che rilanciare il San Carlo contribuisce alla rinascita di Napoli e che le due cose, la ripresa urbanistica sociale ed economica della metropoli e il nuovo protagonismo dei pezzi migliori della sua tradizione storica artistica e culturale viaggiano di pari passo.

Segue la lettera aperta inviata da Race ai direttori dei media:

Gentile Direttore,
Le segnalo che ho deciso di espletare la procedura per acquisire manifestazioni di interesse per la selezione del nuovo Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli (a questo link il comunicato del Teatro).
Perché presento la mia candidatura? Mi permetta innanzitutto di presentarmi. Sono un giornalista professionista e comunicatore prestato al management culturale da alcuni anni (mi sono tra l’altro laureato con una tesi in Economia dei Beni Culturali) e vedo con grande interesse un progetto di rilancio del Massimo Napoletano. Credo infatti che il San Carlo, non solo come ente ma per tutto quello che rappresenta, sia uno dei più importanti asset della Città e che la scelta del nuovo Sovrintendente dovrà tener conto di un progetto strutturato per l’Ente lirico che sappia guardare lontano e partecipare al rilancio della “Capitale del Mezzogiorno” (sempre che si voglia continuare ad avere quest’ambizione…).
Perché ripensare il San Carlo vuol dire contribuire a ripensare il ruolo di Napoli nel Paese.
Il Teatro San Carlo, già inserito dall’Unesco tra i monumenti considerati Patrimonio dell’Umanità, è il più antico d’Europa ma anche il più bello del mondo, stando alla graduatoria di bestfive.it , presentata qualche giorno fa, seguito dal Bolshoi di Mosca e dall’Opéra Garnier di Parigi.
Un primato che, tra l’altro, va ad aggiungersi ad una miriade di onori e riconoscenze già ricevute dal Massimo partenopeo. Per restare a un esempio recente, lo scorso anno il National Geographic apprezzò le architetture interne ed esterne, le pregiate decorazioni, gli affreschi e i tipici drappi di velluto rosso. Lo staff del popolarissimo magazine di scienze e culture ne fu così conquistato da collocare il San Carlo al di sopra di altre storiche strutture, come la Scala di Milano e tanti altri teatri di fama mondiale.
Sarà importante per tutti i candidati conoscere quali sono la Vision, la Mission, gli Obiettivi di breve medio e lungo termine che il Comitato d’Indirizzo ha dato all’Ente. E’ importante infatti per ognuno di noi, e forse anche per tutti gli italiani, sapere se il San Carlo si candida ad essere solo un Teatro importante di un capoluogo di regione o vuole essere qualcosa in più: vuole, in un arco di tempo da definire, aspirare a essere nelle classifiche internazionali dei Teatri lirici tra i primi cinque o dieci per qualità della programmazione, come lo è già per la sua bellezza e per la sua storia.
La Vision serve proprio a questo: a indicarci il traguardo che l’impresa culturale San Carlo si propone di conseguire. Conoscere la Mission ci consente di sapere, tra l’altro, di quali risorse si potrà disporre. Gli Obiettivi sono di fatto le tappe intermedie che potranno gradualmente trasformare in realtà, in utopia possibile, il sogno rappresentato nella Vision.
Mia intenzione, se il Consiglio d’Indirizzo convocherà i candidati per i colloqui, è di presentare un progetto strutturato per il rilancio del Teatro. Per farlo, peraltro, torno a chiedere: quali sono la Vision, la Mission e gli Obiettivi che si è dato il Comitato d’Indirizzo e che ha condiviso con i suoi stakeholders, a partire dai lavoratori?
Chi andrà a guidare il San Carlo avrà un compito non semplice. L’esiguità delle risorse è ormai una certezza ed è chiaro che, se si vorrà dar vita a un progetto di rilancio di lunga durata, bisognerà farlo coinvolgendo gli imprenditori e facendo fare un passo indietro alla politica. Più si darà una prospettiva internazionale al Teatro e sarà chiara la governance, più sarà possibile coinvolgere le migliori realtà del territorio e grandi aziende internazionali.
Negli ultimi mesi imprenditori come Marco Zigon della Getra, Luciano Cimmino di Yamamay, e il Presidente Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Antonio D’Amato della Seda hanno annunciato la loro disponibilità a supportare il rilancio con un business plan di visione e un piano di marketing in grado di posizionare il Teatro tra i primi dieci al mondo in pochi anni.
A loro il nuovo Sovrintendente dovrà dare delle risposte. Dovrà riuscire a coinvolgerli sapendo che da loro non si va solo a bussare cassa, immaginando modelli di sponsorizzazione ormai vecchi, ma bisogna proporre business virtuosi, sostegni duraturi ed economicamente importante a fronte di iniziative profittevoli, pur nella specificità di un altissimo prodotto culturale, in grado di apportare un valore aggiunto alle aziende sostenitrici non solo morale.
Gentile Direttore, forse mi sono dilungato e me ne scuso, ma credo che il dibattito debba spostarsi dai nomi del potenziale Sovrintendente al programma di rilancio del Teatro.
Cordiali Saluti

Roberto Race

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