Ad Aprile 2015 gli italiani nel mondo potranno rinnovare i propri rappresentanti nei Com.It.Es, ma in pochi sanno di cosa si parla. Sono enti che dovrebbero rappresentare i cittadini italiani nei contesti stranieri in cui si trovano. Sono elettivi e quindi, per quanto non conosciuti dalle nuove generazioni di migranti, sono organi rappresentativi delle istanze delle comunità italiane. Ma è davvero così?
Ho deciso così di rivolgere alcune domande ad uno che nei Com.It.Es ha deciso di impegnarsi a fondo. Per capirne le ragioni. L’intervistato è Andrea Pisauro presentatore di una lista a Londra.
Perché hai deciso di impegnarti nel Com.It.es?
Nessuno conosce la cifra esatta ma si stima che ogni mese sbarchino a Londra, per restarci a vivere, quasi 2000 Italiani. La maggior parte di loro sono ragazzi come o poco più giovani di me. Moltissimi lo fanno senza un piano, senza conoscere la lingua a sufficienza, senza un luogo dove stare oltre i primi giorni. È il più imponente fenomeno migratorio della storia dell’emigrazione italiana nel Regno Unito e rappresenta un’emergenza sociale di fronte alla quale non si può restare indifferenti.
E quindi?
Allora ho scelto di impegnarmi nel Comites un po’ perché è l’unico organo di rappresentanza democratica della comunità all’estero e mi pare obiettivamente il luogo per affrontare e discutere i problemi della comunità, un po’ perché mi sono appassionato alla storia e al fascino desueto di questa istituzione dimenticata, che affonda le radici nella passione civile e nelle battaglie di quasi 50 anni fa delle comunità emigrate culminate nella prima Conferenza Nazionale sull’Emigrazione nel 1975.
E quale è il nesso tra ieri ed oggi?
Se a quei tempi la richiesta era di un rapporto più stretto tra italiani all’estero e la madrepatria, oggi i problemi sono in parte diversi e il Comites deve guardare con più attenzione al dibattito pubblico della nazione ospitante, sapendo cogliere il momento giusto per offrirgli il punto di vista costruttivo della comunità italiana. Nella realtà complessa del Regno Unito, dove sembra riemergere, solleticata dal populismo di Nigel Farage quell’ansia primordiale di un rapporto troppo stretto con l’Europa, mezzo milione di residenti di lingua italiana devono sentire la responsabilità di contribuire a dimostrare che il futuro e la prosperità della Gran Bretagna sono in Europa e non in un antistorico isolazionismo.
Ma pensi davvero che questo ente possa in qualche modo aiutare la comunità italiana?
Certo che può, anche se sta alle capacità e alla fantasia delle persone che vi entreranno assicurarsi un Comites che lavora seriamente, destandolo dall’attuale mortorio.
E come pensi di farlo?
Noi vogliamo innanzitutto migliorare la qualità dei servizi del Consolato istituendo uno Sportello del Cittadino che faccia da tramite tra i cittadini perplessi, ad esempio, dalle tempistiche per ottenere un appuntamento per rinnovare il passaporto e gli uffici consolari, martoriati dai tagli, con personale oberato e con poche risorse. In secondo luogo proponiamo un rapporto annuale sull’emigrazione italiana in UK, che incrociando dati dell’AIRE e del governo inglese, realizzi una sorta di censimento su chi sono, dove vivono e cosa fanno i residenti di lingua o passaporto italiano. Tutti dati utili sia a determinare le risorse che lo stato dovrebbe stanziare, attualmente gravemente sottostimate, sia a rispondere alla retorica populista della destra xenofoba. Vogliamo poi promuovere l’integrazione sociale e politica della comunità italiana. Da una parte con iniziative di informazione sulla legislazione del lavoro, sul funzionamento del mercato del lavoro e delle case, sul welfare e arricchendo del contributo del Comites iniziative meritorie come Primo Approdo, organizzata dal Consolato. Dall’altra con il Britalian Culture Festival, un’iniziativa culturale ed artistica che racconti la storia dell’incontro fecondo tra la industriosa creatività italiana con la serietà british catturando l’immaginario collettivo.
Perché la tua lista è diversa dalle altre e quindi perché dovrebbero votarla?
La lista di cui sono presentatore, chiamata Moving Forward – Democrazia Bene Comune, perfettamente gender-equal (9-9), è di gran lunga la più giovane e quella che più si sente lontana da un’idea di italianità di stampo tradizionale, quasi ostentata anche nei suoi vizi atavici. Vogliamo stimolare la parte più dinamica, intellettualmente vivace e progressista dell’emigrazione italiana a dare una mano alla fascia più fragile. Siamo convinti che se la nuova emigrazione ha tutte le carte in regola per occuparsi della vecchia, il contrario e’ quasi impossibile. Non vogliamo una gestione del Comites all’Italiana, al contrario, ne faremo un esempio di trasparenza di gestione e accountability, in primo luogo finanziaria, e accessibilità per i cittadini di ogni età. Dai bilanci ai bandi, metteremo tutto online e le iniziative che metteremo in campo saranno improntate alla massima professionalità.
Perché ora non è così?
Tutto ciò è anni luce distante dall’attuale realtà di un Comites che non ha nemmeno un sito internet, di cui non si conoscono le iniziative e del quale la stragrande maggioranza della popolazione che dovrebbe in teoria rappresentare non ha mai sentito parlare. Inutile dire che diversi dei membri che lo affollavano, sono ora candidati in alcune delle nostre liste concorrenti, anche se faccio fatica a verificare questi dati visto che due delle altre tre liste non dispongono nemmeno di un sito internet, ma forse non hanno bisogno del voto di opinione…
C’è spazio per questi enti nel futuro o forse, nell’epoca digitale, si possono dire superati?
Certo che c’è spazio, a patto di digitalizzarli! Il Comites è uno spazio pubblico che deve diventare bene comune, occupare i social network, dotarsi di piattaforme web fresche e dinamiche, informando, divertendo e interessando anche le nuove fasce migratorie. D’altronde è impensabile che in una realtà come Londra, dove vivono più italiani che a Firenze, questi non abbiano una loro rappresentanza politica eletta democraticamente. Vorrei poi sottolineare che il Comites è uno degli spazi possibili per praticare una democrazia transazionale che incoraggi il percorso verso un’Europa integrata politicamente. Il Comites ha infatti la facoltà di lavorare con le istituzioni locali per promuovere una sana integrazione con le iniziative più adeguate. I nostri Comites saranno il più digitali, progressisti ed europeisti, possibile, poi ovviamente faremo tesoro dell’esperienza per individuare cosa va cambiato per rimanere al passo coi tempi. Ma la Democrazia, anche quella dei Comites, si riforma per renderla più forte, ma non si rottama!