C’è un tema che vorrei approfondire in questo spazio. Il tema in questione è quello dei diritti degli omosessuali.
In Italia, come è noto, la situazione degli omosessuali non è delle migliori, come ci dimostrano diversi studi nazionali (ISTAT) e internazionali (Commissione Europea, ILGA, ecc…). Interessante anche un reportage del Fatto Quotidiano che offre un quadro della situazione molto accurato. Bisogna però ammettere che si è assistito nel tempo a un progressivo aumento del grado di “tolleranza” e “accettazione” da parte della società italiana. Restano, però, ampie aree grige se non nere, su cui è necessario intervenire al più presto. E soprattutto manca una vera “comprensione” del fenomeno.
Questi elementi, tolleranza, accettazione, comprensione e riconoscimento, sono parte di quei complessi processi socio-culturali che in altri Paesi occidentali si sono già realizzati, mentre in altri sono in atto. In molti Paesi del Nord-Europa l’omosessualità è piena normalità e quelle società non sono né collassate né regredite, anzi, sembrano ancora oggi le più forti e coese. E lo stesso vale, pur con tanti distinguo interni, per gli Stati Uniti d’America.
Ma restiamo sull’Italia. Cosa accade da noi? Come è la vita degli omosessuali in Italia? Direi non delle più rosee.
Sono all’ordine del giorno, infatti, situazioni di bullismo nelle scuole a danno di giovani gay e/o lesbiche. La casistica è così ampia che non posso fare qua una lista esaustiva. Tuttavia credo sia importante riportare alcuni casi eclatanti, quelli che si sono, purtroppo, conclusi con atti di violenza o addirittura hanno indotto al suicidio tanti adolescenti e non.
Il primo caso che mi viene in mente risale al 2008, quando a Palermo un giovane viene accoltellato dal padre perché gay, fortunatamente non è morto. Poi nel 2012, con la vicenda de “il ragazzo dai pantaloni rosa“. Aveva solo 15 anni quando si è tolto la vita, stanco delle vessazioni quotidiane di compagne e compagni di classe. Poi nel 2013, un ragazzo di 21 anni si getta dall’undicesimo piano di un palazzo. Aveva scritto una lettera in cui attribuiva la decisione al suo essere gay. Stessa cosa per un quattordicenne. E la lista, come potete immaginare, va avanti drammaticamente.
Ma non solo. Esistono, purtroppo, casi in cui queste persone sono vittime di violenza fisica diretta ad opera di singoli o di gruppi, in contesti svariati. Talvolta sotto lo sguardo complice o vigliacco di “gente per bene“. Anche qua la casistica è troppo ampia, ma è d’obbligo citare alcuni casi. Penso, per esempio, al ragazzo accoltellato nel 2014 davanti al Gay Village di Roma, o alle uccisioni di transessuali, ultimo caso a Bergamo, all’inizio del 2015.
L’Arcigay ha redatto in passato dei dossier sui casi di omicidio dovuti ad omofobia, e su Wikipink si trova la voce omocidi. Come potrete vedere la lista è talmente lunga che c’è da star male.
Tutte queste situazioni, però, non sono prese mai abbastanza seriamente dalle istituzioni. Anche le risposte della Politica negli anni sono state più che insufficienti, timide o solo annunci. Inoltre, e questa è la cosa più negativa, la Politica si muove solo al momento della tragedia, sempre mossa da uno stato d’emergenza. Un fuoco di paglia mi viene da dire: tanta energia nel momento del dolore, sostenuta dai media e di cui qualche politico approfitta magari per visibilità, che poi si esaurisce e scompare fino a quando non c’è un altro morto.
Il tema dei diritti degli omosessuali è un tema importante. Rientra nella più ampia gamma dei cosiddetti “diritti civili” ossia l’insieme di tutte le libertà garantite alle persone fisiche. Ma anche diritti umani, come affermato dal Parlamento Europeo di recente e a cui sono seguite assurde reazioni ideologiche prive di un qualsiasi fondamento scientifico.
La violenza a danno delle persone LGBTI è un dato di fatto. Eppure, pur di non intervenire si trovano scappatoie di ogni sorta. La contrapposizione più importate si realizza quando viene tirato in ballo il diritto di espressione. In Italia, siamo drammaticamente indietro su questi temi, manca una cultura “gender-sensitive” soprattutto nelle istituzioni e nella Politica. La Chiesa Cattolica è sicuramente un potente argine a questo tipo di emancipazione, anche se ci sono importanti distinguo, ad altissimi livelli. Proprio poco tempo fa, rispondendo ad un reporter, Papa Francesco ha detto: “chi sono io per giudicare?” lasciando a bocca aperta i vari integralisti cattolici sparsi qua e là. E anche il Sinodo dei Vescovi si è espresso in modo inusuale sulla questione degli omosessuali.
Certo è che di passi da fare ce ne sono ancora molti. Sia dal punto di vista legislativo, e seguirò con interesse il percorso della proposta di legge della Senatrice Monica Cirinnà, sia dal punto di vista culturale (il punto fondamentale).
Cosa intendo fare? Il progetto che cercherò di portare avanti è quello di realizzare un Reportage composto da più articoli e interviste, con esperte ed esperti, su questo tema specifico. Ma anche testimonianze di vita. Così da creare un dibattito che spero possa essere ampio e serio. Non nascondo che ho anche l’obiettivo di superare il falso assunto (e cercherò poi di spiegare perché lo reputo falso) dell’ “ideologia gender”. In realtà, è di società gender sensitive che bisogna parlare. Due cose molto diverse, davvero molto diverse.