L’Europa “s’ha ancora da fare”, questo è poco ma sicuro. A dimostrarlo è l’approssimazione con cui i governi e certa stampa europei affrontano la crisi di Kiev.
L’allarme per le vicende ucraine, ha sottolineato a più riprese Formiche.net, ancora non suona tanto forte quanto meriterebbe nel Vecchio continente. E anzi, la sottovalutazione di questo pericolo rischia di far deragliare la già debolissima politica estera dell’Unione.
La conferma è in pezzo pubblicato il 6 marzo scorso sul Venerdì di Repubblica. Nel commento, a firma del corrispondente Andrea Tarquini, si pone l’accento sulle problematiche relazioni tra Berlino e Washington e sull’ipotesi che a renderle ancor più intricate siano alcune dichiarazioni – pubbliche e private – di Victoria Nuland, incaricata della cura dei rapporti diplomatici con Europa ed Eurasia.
La numero due del Dipartimento di Stato americano, scrive l’inserto settimanale, avrebbe detto che nel contrastare le ingerenze russe negli affari ucraini, i Paesi europei “hanno paura dei danni per la loro economia” derivanti dalle sanzioni. Un concetto che Nuland ha arricchito aggiungendo, che in gioco, in questa intricata vicenda geopolitica, c’è molto più di qualche punto di Pil.
Alla Nuland, in pratica viene imputata la troppa schiettezza e il fatto di aver rammentato all’Europa che esistono valori non negoziabili per l’Occidente, come i diritti umani e la democrazia (dicono qualcosa il nome Boris Nemtsov e di tanti altri?), messi a repentaglio proprio dalla politica aggressiva di Vladimir Putin. Il Cremlino, è ormai evidente, gioca a spaccare in due l’Unione europea e minare la sua alleanza con gli Usa, facendo leva proprio sulle preoccupazioni economiche dei Paesi europei.
Ma se Mosca inizia ad avvertire gli effetti concreti delle sue azioni scellerate, che hanno portato all’annessione unilaterale della Crimea e alla destabilizzazione dell’Est Ucraina, è merito soprattutto delle misure economiche pensate dagli Stati Uniti. Ecco perché non bisogna mollare proprio ora e far capire una volta per tutte alla Russia che le due sponde dell’Atlantico prendono terribilmente sul serio ciò che accade a Kiev.
Gli attacchi da parte dei ribelli filorussi e la sostanziale fine del cessate il fuoco dovrebbero rappresentare invece la maggiore fonte di preoccupazione per un’Europa tutta involuta al suo interno.
Il conflitto alimentato da una Russia in profonda crisi potrebbe trasformarsi in una guerra. Gli elementi ci sono tutti. Noi europei, che siamo più vicini a questo focolaio che rischia di trasformarsi in incendio, siamo come imbambolati. Ecco perché fidarsi dei consigli di un alleato come Washington, in questo caso, potrebbe essere la soluzione migliore.