Dopo le parole del Ministro Alfano, la strategia di Area Popolare appare, vivaddio, molto più chiara: arrivare al referendum costituzionale del 2016 in sella al Governo e poi schierarsi con Renzi a difesa delle riforme istituzionali realizzate dall’Esecutivo contro il “resto del mondo” dei Salvini, Vendola, Berlusconi, Meloni e Grillo. Il polo dei riformisti (di sinistra e di centro) contro un’eterogenea platea dei conservatori.
Ma se questa è la prospettiva, l’idea di cogliere l’occasione delle regionali per lanciare una “costituente moderata” appare un escamotage per drenare consensi moderati a destra e puntare ad un risultato utile -soprattutto- al Governo.
Ed il gioco delle alleanze sembra evidenziare proprio questo scenario: l’impegno -diretto (Umbria) o indiretto (Veneto, Puglia, Liguria e forse Campania)- per rafforzare l’Esecutivo, guadagnarsi subito un “premio” in termini di rappresentanza al Governo (non a caso la conclusione del rimpasto -proprio su richiesta di AP- è stato aggiornata a dopo le regionali) e “riporre in cascina” una credibilità in vista di una nuova e più strutturata alleanza politica -caso mai- con il tanto invocato PdR (Partito di Renzi).
Una strategia che se da un lato può risultare agevolata dal generale sfaldamento di Forza Italia e, in Veneto, della Lega, dall’altro è fortemente minacciata da un pericolosissimo rischio (da evitare in ogni modo): l’appiattimento sul PD.
Perché ciò non accada occorre che l’aiuto offerto dagli alfaniani al Governo (e al suo Presidente, Renzi) non si trasformi in un “soccorso” al PD. Ossia che il candidato PD, nelle varie realtà, riesca a prevalere non già per la forza del suo partito, quanto per la presenza di AP (in alleanza o in forma di “disturbo” al concorrente).
Più che la percentuale dei voti (elemento comunque sempre importante in politica), il progetto di Area Popolare risulterà vincente solo se assieme ad un rafforzamento del Governo e del Premier dimostrerà -sul campo- la non autosufficienza del PD.
Sfida difficile, ma non impossibile!